Affari miei.

 

Faccio un giro, a piedi, mani in tasca, senza alcuna fretta. Percorro quasi tutta l’area pedonale del quartiere senza pensare ad una vera meta, ma limitandomi a transitare lentamente per molte strade tranquille, anche lungo via Po, proprio quando infine scorgo una ragazza ferma, addossata al muretto di recinzione del caseggiato signorile che ha di fronte, mentre sembra piangere in silenzio. La conosco di vista, so che si chiama Chiara, così le dico qualcosa, tanto per capire se posso fare per lei un gesto generoso, ma la ragazza scuote la testa e si volta con indifferenza verso un’altra direzione, come non desiderando affatto mettersi in mostra. Perciò non insisto e vado avanti, lasciandola praticamente nella stessa situazione in cui si trovava prima. Proseguo nel mio giro, senza pensieri particolari, e dopo un certo tempo incontro Lori, sempre elegante e con la sua aria da giovanotto momentaneamente impegnato in qualcosa di inspiegabile, attività che lo porta generalmente ad essere piuttosto frettoloso in tutto ciò che compie, e spesse volte persino brusco con chi gli resta attorno, ma che in questo momento decide di salutarmi, naturalmente alla propria maniera, e dopo poco si sofferma giusto un attimo, osservando qualcosa che non mi riguarda, proprio dietro di me. Gli dico subito che ho appena incontrato Chiara, esattamente davanti alla sua casa di via Po, e che mi è parsa molto triste, forse per la loro storia conclusa da poco tempo. <<Ma là non c’è la mia casa>>, fa subito Lori. <<Vi abitavano semplicemente i miei genitori, fino a qualche tempo addietro; però adesso hanno deciso di cambiare residenza>>. Resto vagamente perplesso, però non discuto, e al fianco di Lori riprendo con lui la mia passeggiata, cercando di dirgli ancora qualcosa di quella ragazza che ho appena visto, anche se lui non sembra voler dare troppa importanza a queste mie parole, nonostante provi a comportarmi e a spiegare qualche opinione personale proprio come farebbe un buon amico.

Comunque ci guardiamo attorno camminando, e dopo un attimo nessuno di noi due dice più una sola cosa, fino al momento in cui non arriviamo davanti ad un negozio di orologi prestigiosi, quando lui improvvisamente mi fa cenno di seguirlo proprio là dentro. Senza dire niente di particolare alla commessa sorridente che ci accoglie, Lori chiede se per caso non avesse in magazzino anche dei modelli di seconda mano, magari appartenuti a qualche persona in vista della nostra città. Lei torna a sorridere, sparisce rapidamente sul retro mentre noi osserviamo distrattamente le vetrine interne, e quando torna porta con sé degli astucci curatissimi che adesso Lori osserva soltanto per un attimo, ma con occhio allenato e piuttosto attento. Poi si volta verso me: <<quale ti piace di più?>>, mi fa con un’espressione quasi distratta, come se dovesse fare un regalo a qualcuno, rifletto io, magari proprio a Chiara, forse nel tentativo di farla smettere di andare a piangere lungo le strade, per di più nei pressi di una abitazione addirittura sbagliata. Due modelli sono interamente color oro – forse proprio tutti d’oro, non lo so, compresi anche i cinturini; – l’altro invece è bianco e sfavillante, tutto color argento e bianco perla. <<Questo>>, dico io cercando dentro di me un motivo valido che mi porti a preferire una cosa rispetto all’altra. <<Ma non sono orologi per donna>>, aggiungo subito sapendo di dire qualcosa di estremamente stupido. La smorfia di risposta di Lori difatti assomiglia ad un sorriso, comunque si fa dare dalla commessa proprio quello che ho indicato io, ed infine paga rapidamente con una delle sue carte di credito, prendendo il pacchetto ben confezionato mentre usciamo.

<<E’ per te>>, mi dice subito consegnandomi per strada quell’oggetto, senza dare alcuna importanza al gesto, proprio come compiendo un’azione qualsiasi, forse mostrando addirittura di togliersi un fastidio. <<Però adesso potresti pagarmi da bere>>, mi dice ridendo mentre cammina avanti a me, che sono rimasto momentaneamente senza reazioni, considerato che non capisco proprio come debba considerare questo suo regalo. Entriamo in un caffè dove lui è molto conosciuto, e Lori fa subito un piccolo cenno al cameriere, così ci sediamo ad un tavolino esterno che intanto si libera, ad osservare l’incessante passeggiata sul largo marciapiede. Non oso chiedere assolutamente nulla, però scarto l’orologio e subito lo indosso. Immagino che questo sia proprio da intendere come un invito a disinteressarmi delle sue storielle da annoiato, ma riflettendoci un momento credo che con un piccolo sforzo possa mettermi esattamente sulla lunghezza d’onda che Lori a modo suo mi sta chiedendo; così accolgo volentieri l’aperitivo e i salatini che ci servono rapidamente, mi guardo attorno cercando di comportarmi proprio come lui, e mi convinco adesso che le cose che comunque avvengono ogni giorno, ed anche tutte quelle che prima o poi potranno succedere inevitabilmente, e delle quali io non ne saprò proprio un bel nulla, ecco, certamente quelle, in ogni modo si potranno mai manifestare, non potranno mai far parte degli affari miei.

Bruno Magnolfi

Affari miei.ultima modifica: 2021-06-15T14:15:25+02:00da magnonove
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