Questione di itinerario.

 

A lui era tornato a mente, forse perché infilato frettolosamente, come a volte si fa nei corridoi in mezzo a tante altre chiacchiere, solo qualche giorno più tardi quel discorso, quello che aveva fatto la sua collega d’ufficio (la più carina tra tutte, a quel piano di uffici, secondo lui), quando gli aveva rivelato che in quella stagione a volte le faceva piacere dopo il lavoro fermarsi ad un tavolino all’aperto del caffè sulla piazza, e rimanersene li, prima di tornare a casa, a guardare il traffico di macchine e tutta la gente che circolava a piedi da quelle parti. Lui non aveva dato alcun risalto a questa cosa, e l’argomento fornito da lei era parso semplicemente opportuno solo per parlare poi di altre faccende. Ma certo, pensa invece lui adesso, come se fosse proprio una scoperta improvvisa: era un mezzo appuntamento, un incoraggiamento piazzato in bella vista ai miei occhi per darmi il senso preciso della sua disponibilità, un aggancio per fornire a me e a lei l’occasione giusta di parlare in maniera molto più sciolta di noi due e delle nostre cose, senza avere attorno gli occhi e le orecchie di tutti questi colleghi ficcanaso pronti a spiarci, ed in quella occasione magari dare inizio a qualcosa dagli sviluppi futuri imprevedibili.

Adesso però è tardi, pensa lui stamani mentre riesce a darsi soltanto del cretino per l’occasione irrimediabilmente sciupata; eravamo proprio da soli io e lei davanti alle macchinette del caffè quando se n’è uscita a dire questa cosa: ora che ci rifletto ricordo benissimo le sue parole; ed era come per farla sapere soltanto a me, tanto che sicuramente è rimasta malissimo nel non vedermi da quelle parti quella sera stessa, come mi aveva precisamente specificato, ed è quindi complicatissimo adesso il tentativo di ricucire qualcosa che sono riuscito così stupidamente a rovinare. Perciò, mentre scorre lungo il corridoio degli uffici, lui ripensa con rammarico a quello che gli è capitato (o meglio, che poteva capitare), ma appena girato l’angolo che immette nella saletta dedicata alla pausa per il caffè, ecco che trova lei, sorridente, impeccabile, la solita, praticamente proprio la stessa come si fa vedere da tutti in ufficio in ogni giorno di lavoro. “Buongiorno”, fa lui cercando una disinvoltura non del tutto perfetta; “non ci eravamo più incontrati in questi ultimi giorni, pensavo quasi che avessi preso qualche giorno di ferie”. Lei sorride senza rispondere, poi torna a concentrarsi sulla bevanda che sta sorseggiando.

A lui non viene a mente proprio niente che possa aprirgli la strada per riprendere in qualche maniera l’argomento che più lo interessa, e lei non sembra proprio intenzionata a facilitargli in qualche maniera le cose. Poi, mentre sta infilando una moneta nella fessura della macchina, decide di buttarsi fuori quasi alla disperata, e fa, senza guardarla: “non sei più andata poi al caffè della piazza, mi pare; ci sono passato un paio di volte e non ti ho proprio vista”. Lei prende tempo, sembra quasi che moduli dentro la testa le parole giuste per la sua risposta, ma dopo un attimo fa, sorridendo con disinvoltura: “no, è vero, però mi ci fermavo soltanto qualche volta, non così assiduamente come si potrebbe immaginare. E poi mi trattenevo lì soltanto per dieci minuti, il tempo di salutare qualcuno che conosco, e poi riprendere la strada per andarmene a casa”. “Magari stasera si potrebbe prendere sulla piazza qualcosa assieme”, la incalza subito lui. “Potrebbe essere una buona idea”, risponde lei; “peccato abbia già un invito per quell’ora, e che abbia deciso da ora in avanti di cambiare locale ed itinerario per tornare a casa mia”.

Bruno Magnolfi

Questione di itinerario.ultima modifica: 2020-08-12T18:37:30+02:00da magnonove
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