Chiazza di vita.

 

Sto male, inutile finga ancora con i miei familiari, e a dirla tutta anche con me stesso. Dopo pranzo mi sono subito chiuso a chiave nella mia camera, ad aspettare che accadesse qualcosa che pareva ormai impellente nel mio organismo, ma invece niente è parso mutare, se non che ho perduto poco per volta qualsiasi volontà di rialzarmi da questa sedia dove mi sono sistemato. Sono stanco, spossato, incapace di affrontare qualsiasi decisione, così per adesso resto qua, ad osservare il muro di fronte ai miei occhi, come se sopra questa superficie imbiancata ci fosse già scritto qualcosa sul mio futuro. Non c’è più niente che io desideri davvero, se non essere lasciato da solo ad osservare i contorni appena evidenti di questa diffusa macchia che vedo sulla superficie della parete sopra al letto. Potrebbe anche essere una semplice infiltrazione d’umido, oppure una sostanza di chissà quale natura sbattuta là sopra per malagrazia chissà quanti anni addietro: una bevanda, una boccetta d’inchiostro, un succo di frutta zuccherino, un bicchiere di vino o d’acquavite, qualsiasi cosa scagliata di proposito con forza contro questo muro, magari per una ben giustificata ragione, oppure per un’altra quasi del tutto insulsa, e ricoperta in seguito, per superamento delle cose, con alcune mani di vernice, e da qualche tempo però riaffiorata, a far lieve mostra di sé.

Bussano alla porta, mi chiedono dall’uscio semiaperto se adesso abbia voglia di cenare, oppure se ci sia qualcosa che desideri. Fo cenno che non ho voglia di nulla, che non stiano a preoccuparsi per me, forse con una pastiglia riuscirò più tardi persino a stare meglio. Resto solo, e sono sicuro non miglioreranno affatto le mie condizioni di salute: sento la gola chiudersi, il respiro farsi sempre più affannoso, le forze mancarmi persino per lo svolgimento di qualsiasi sciocchezza. Guardo la macchia: adesso mi sembra persino più evidente, come se desiderasse soltanto far parlare di sé, e di qualcosa accaduto in questa stanza quando vi abitavano tutt’altre persone, diversa gente, inquilini forse di passaggio, o magari antichi affittuari cacciati via in un giorno orribile per semplice e sofferta morosità. D’altronde questa abitazione risale ad una costruzione effettuata alla metà del secolo passato, chissà quante modifiche, tinteggiature, traslochi e spostamenti di mobilio ha già visto in tutto questo tempo. Mi corico sul letto, anche da qui vedo la macchia, sono convinto che porti con sé qualcosa di significativo, anche se in questo momento incomprensibile.

Se la guardo attentamente mi pare che assuma una forma persino riconoscibile, come a volte succede facilmente con certe nuvole, che sembrano profili, animali, espressioni, miriadi di cose che in poco tempo svaniscono nel cielo, così come sono nate. Ma in questo caso niente sembra mutare, se non le mie condizioni di salute che paiono velocemente peggiorare, tanto da farmi urlare aiuto, per quanto non abbia più neanche la forza di parlare. Accorrono i miei familiari, tenendosi a distanza per ciò che hanno benissimo compreso, e si coprono immediatamente le vie aeree così come è stato già raccomandato, telefonando ai medici, all’ospedale, a chiunque possa in questo tragico momento riuscire a soccorrermi. Sono pallido, dicono, emaciato, senza un briciolo di vitalità, come se tutto il mio organismo stesse rapidamente collassando. Attendo, con il respiro che mi manca, ed infine giungono i soccorsi, persone chiuse dentro scafandri protettivi, capaci di insaccarmi velocemente come un salame e di portarmi via, dove forse qualche cura adatta potrà ridarmi un filo si speranza. Infine mi issano rapidamente sopra una barella, mi intubano con l’aria di una bombola, mi infilano un ago dentro un braccio, ed iniziano con lo spostarmi dalla mia stanza, dal mio piccolo rifugio dove ho trascorso molti degli ultimi momenti fino adesso. Mi voltano, e proprio mentre stiamo uscendo dalla porta riesco ancora per un attimo ad aprire gli occhi affaticati e a dare un ultimo sguardo d’insieme alla mia camera. La macchia sopra al letto adesso non c’è più, nascosta, asciugata, riassorbita dal muro forse, ed ha scelto rapidamente di tornare a nascondersi sotto all’intonaco della parete; almeno fino a quando non riuscirò a ritornarmene qua dentro.

Bruno Magnolfi

Chiazza di vita.ultima modifica: 2020-05-04T18:34:13+02:00da magnonove
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