Libertà solo apparente.

 

“Ancora uno, per favore”, dico alla ragazza che ci porta da bere, mentre assieme agli altri proseguiamo a giocare nella saletta fumosa sul retro del locale, concentrati sopra al panno verde oliva del nostro biliardo. “Non c’è niente di male, se provo un tiro a tre sponde”, fo agli altri senza aspettarmi da loro alcuna risposta. Ad uno che guarda, seduto fuori dal cerchio di luce, gli scappa da ridere, come se avessi detto qualcosa di divertente, o chissà; poi mi abbasso con atteggiamento professionale, chiudo l’occhio sinistro e faccio oscillare la stecca appena un attimo prima di colpire pacatamente la bilia in una zona leggermente ad effetto. Tre punti. Nessuno trova niente da dire. Poi prendo un sorso dal mio bicchierino appoggiato sul tavolo accanto ad una parete, lascio che qualcuno segni i miei punti, e quindi mi prendo una pausa.

Sostanzialmente sono stanco di trascorrere le serate in questo modo, ma ormai è un’abitudine a cui non riesco quasi più a rinunciare. Diverse volte ho pensato a cercarmi qualcosa di alternativo in cui impegnarmi, ma non è facile trovare un’attività che mi riempia la testa nella stessa esatta maniera. C’è il confronto con gli avversari, la ricerca continua del tiro magico, la battuta di spirito appena sussurrata, la voglia di mettere in mostra le proprie presunte capacità. Però alla fine sono sempre le stesse cose che si ripetono all’infinito. Appoggio la stecca sul bordo e dico agli altri che adesso purtroppo devo andarmene via, lascio il posto ad un altro, mi ero quasi dimenticato di un appuntamento importante.

Pago le consumazioni, indosso la giacca e poi esco dal locale, prima che possa ripensarci, anche se non ho alcuna idea verso dove possa dirigermi. Torno a casa, decido alla fine, e siccome abito poco lontano e sono arrivato fin lì a piedi, nella stessa maniera affronto la strada a ritroso. Trovo subito un tizio che mi dice qualcosa, probabilmente mi conosce, rifletto, così gli rispondo in maniera scherzosa, ma quello mi spiega che le cose per me si stanno mettendo un po’ male, anche se non capisco per nulla di cosa lui stia parlando. Mi fermo, gli chiedo spiegazioni, e lui mi dice che a qualcuno non è affatto piaciuto il mio ritiro improvviso dalla sala di biliardo.

“Ognuno è libero di decidere”, gli fo; “oppure c’è qualcosa che non ho compreso”. Lui mi osserva, poi tira fuori una mano dalla tasca del giubbotto, e quindi stende con calma le sue dita mentre le guarda, come fossero le ali di una farfalla appena uscita dal bozzolo. “Non è così facile”, dice; “quello che ci si aspetta da una persona come te non è questo”. Mi sembra che l’individuo di fronte a me sia stato appositamente inviato da qualcuno, però mi pare persino impossibile che ci sia un tale attaccamento a quel gioco. “E cosa dovrei fare”, gli chiedo senza muovere un solo muscolo. “Non so”, fa subito lui conservando la stessa espressione; “magari potresti tornare là dentro; o forse dare la possibilità di rivincita a qualcuno, nei prossimi giorni”.

“Va bene”, fo io; “puoi dire tranquillamente a chi ti ha mandato che mi farò vedere domani nella stessa sala da biliardo, e così potrò giocare con chi sarà presente per un’ultima volta, visto che non intendo andare ancora avanti”. Lui fa un cenno di affermazione, mi saluta toccandosi la fronte e sorridendo, poi scompare dal marciapiede, così com’era apparso. Resto perplesso: “in questa città non è facile sentirsi del tutto liberi”, rifletto; “certe volte si deve rendere conto perfino delle cose che credevamo in assoluto meno importanti”.

Bruno Magnolfi

Libertà solo apparente.ultima modifica: 2020-01-27T20:49:48+01:00da magnonove
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