Numeri e basta.

 

Anche questo tardo pomeriggio è come sempre: i ragazzi annoiati stazionano sulle panchine della piazzetta, qualche anziano poco lontano sembra osservarli per curiosità, ma con la faccia di chi li vuole soltanto compatire. Non c’è molto da dirsi, oltre a parlare della scuola: le solite battute spiritose, i soliti argomenti di sempre, solo qualcuno più timido tra loro da prendere in giro. Le ragazze a braccetto due a due invece, se ne vanno su e giù lungo il corso per guardare qualcosa di nuovo nelle vetrine e parlare dei loro argomenti, ma naturalmente si limitano e tornare indietro poco prima di arrivare fino a quella piazzetta, proprio per evitare che qualcuno tra quei mezzi teppisti le faccia arrabbiare con le solite maniere sguaiate che oramai conoscono bene.

Prima di andarsene a casa, qualcuno dice a voce un po’ alta che non c’è alcuna soddisfazione a trascorrere il tempo così, senza alcun fine; ma gli altri lo guardano e ridono subito di lui, perché sanno di non avere alcuna alternativa, o perlomeno di non essere capaci di trovare qualcosa di diverso da fare. Perciò si dividono, è l’ora di tornarsene a casa, ognuno per conto proprio, e senza neppure un’idea. Ma uno di loro rimane, da solo, seduto su di una panchina, e non sembra preoccuparsi proprio di nulla, soltanto cercare come di scomparire nella sua posizione rilassata, tenendo lo sguardo per terra, le braccia abbandonate sui fianchi, e le mani dentro le tasche. E’ lui che si è lamentato, perché vorrebbe che tutto fosse diverso, ma non sa proprio da che parte iniziare, soprattutto non sa che cosa potrebbe cambiare.

Un anziano gli dice che è brutto restare da soli, ma lui alza le spalle come se non gli importasse poi molto. Un attimo dopo però all’improvviso si alza e va verso quell’uomo, gli chiede che cosa gli sembra se qualcuno facesse un elenco delle persone che frequentano quella piazzetta. “Non so”, fa l’altro, “non ne capisco lo scopo”. “Si tratta di rendersi conto di tutta la forza che riusciamo a sprecare nel rimanercene qui sfaccendati”, fa lui; “e per comprendere questo è necessario aprire gli occhi, esserne completamente coscienti”. L’anziano capisce che quelli sono argomenti che non lo riguardano e così si allontana, ma il ragazzo si sente investito in prima persona del problema che ha sollevato, e per questo tira fuori dal suo zaino un quaderno su cui inizia ad annotare i nomi di tutti i ragazzi che sono stati presenti nella piazzetta quel pomeriggio.

Non c’è niente di male, riflette; si potrebbe iniziare a scrivere accanto ad ogni nome gli argomenti che ognuno dei ragazzi ha portato fin qui, di quali temi ha voluto parlare, che cosa probabilmente ciascuno cercava trascorrendo in questo posto insignificante tutto il tempo che è rimasto con gli altri. Potrebbero venir fuori in questa maniera certi discorsi più ricorrenti di altri, certe esigenze che forse a prima vista sembravano proprio sfuggire, e probabilmente, inserendo poco per volta questa attività di prendere appunti quasi come si fosse di fronte ad un vero e proprio dibattito, sarebbe possibile sollecitare argomenti mai presi in esame in precedenza, e trovare così addirittura delle vie diverse di comunicazione, o tirare fuori delle parole che non si usano spesso.

Tutto al giorno d’oggi è composto da elenchi, pensa adesso il ragazzo; tanto vale iniziare a formarne anche noi uno nostro, in completa e totale autonomia, qualcosa che possa servirci, che ci faccia uscire anche di poco da questo torpore in cui siamo caduti. In fondo oggigiorno siamo tutti delle semplici prede di qualcuno che ci sorveglia e che riesce a conoscere sempre più a fondo le nostre abitudini e preferenze: possiamo farlo anche noi con noi stessi, almeno per renderci perfettamente conto di quanto possiamo finire per essere soltanto un numero nelle mani degli altri.

Bruno Magnolfi

 

Numeri e basta.ultima modifica: 2020-01-13T20:52:11+01:00da magnonove
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