Lamentele assenti.

 

Nei giorni di festa resto in casa. Mi occupo di piccole faccende domestiche, e nelle pause mi siedo a pensare. Osservo davanti a me, dentro la sua piccola cornice di legno, l’immagine vuota che il mio specchio ripropone come sempre, e sento comunque che sicuramente niente di brutto potrà succedermi almeno fino a quando questa figura resterà insieme a me. Le parlo, naturalmente, e qualche volta le pongo anche dei piccoli quesiti, perché le risposte che riesco a ricevere dalla sua superficie lucida sono sempre molto utili, assolutamente in linea con quanto appare necessario. Ci sono spesso delle cose da decidere, iniziative da prendere, situazioni da affrontare per un motivo o per l’altro, ed è complicato farlo da soli, dover assumere su se stessi tutta la responsabilità di ogni caso che si presenta. Per fortuna ho lo specchio, che poi è il mio fratello gemello che mi guarda sempre con una certa lungimiranza, perché sa perfettamente che non prenderò mai una decisione importante senza interpellarlo.

Gli chiedo a voce alta se per caso debba essere maggiormente arrendevole con il mio capufficio, ad esempio, già ad iniziare magari dal primo giorno feriale in cui tornerò come sempre al mio posto di lavoro, e lui sa sempre con certezza cosa rispondermi, anche se a volte resta in silenzio, lasciandomi padrone di decidere sul caso specifico per conto mio. Non c’è niente di male penso, non può sapere tutto anche se io continuo a spiegargli ogni volta che rientro in casa tutto quello che mi è accaduto mentre ero fuori, specialmente durante le ore in cui sono rimasto in ufficio, nel nostro grande palazzo dell’amministrazione pubblica. Ci sono i colleghi che generalmente mi evitano, gli dico, e se strisciano vicendevolmente i loro cartellini identificativi ai tornelli, per entrare con comodità più tardi oppure per uscire un’ora o due prima, a me comunque non lo chiedono mai, proprio perché non si fidano affatto di me.

Anche il mio capufficio non si fida per niente dei miei modi, ed a me questo fatto non dispiace per niente, perché non sono uno che si comporta come tutti gli altri impiegati, e se secondo lui uno come me va guardato con un certo sospetto, e spesso lasciato semplicemente alle sue piccole manie, i suoi innocui passatempo, a me va benissimo. Già, perché siccome per occupare almeno un po’ del mio orario, quando mi annoio come tutti davanti alla scrivania di lavoro, ho una collezione sterminata di matite colorate, alle quali rifaccio almeno una volta al giorno la punta, oltre a tenerle perfettamente allineate, e per tutti i colleghi questo è un segno evidente di stranezza e forse di diversità. Anche se qualcuno mi pone qualche domanda mentre sono insieme agli altri davanti alle macchinette per il caffè, io non parlo mai delle mie cose, e mi limito a sorridere e a tirare fuori giusto qualche monosillabo tanto per non apparire sgarbato.

Quasi tutti portano avanti un’altra attività, oltre l’orario in cui stanno in ufficio, forse per sentirsi almeno utili a qualcosa, penso io, ma a me questo non è mai interessato. Loro hanno delle famiglie da tenere assieme, io ho soltanto il mio fratello gemello da accudire e da lucidare ogni tanto. Parlano sempre di soldi, sembra che non ne abbiano mai abbastanza, e a me invece è sufficiente sedermi davanti al mio piccolo specchio prezioso per sentirmi già a posto, completo, come non avessi più bisogno di altro. Difatti non mi lamento di niente, e forse è proprio questo elemento che i miei colleghi non riescono affatto a digerire.

Bruno Magnolfi

Lamentele assenti.ultima modifica: 2019-07-15T20:40:39+02:00da magnonove
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