Parentesi chiusa.

 

Ho fatto di nuovo un giro guidando la mia macchina. Ormai sono trascorsi già parecchi giorni, e credo proprio che nessuno mi stia cercando ancora. Non perché i miei capi, o chi per loro, non sappiano perfettamente dove possa essere andato a nascondermi, quanto perché a questo punto il loro interesse per me con ogni probabilità si è andato quasi esaurendo. Perciò decido, col favore del buio della serata, ma senza dimenticarmi comunque la mia fedele pistola carica dentro alla tasca della giacca, di farmi ancora un giro fino al parcheggio dello stadio, dove ho svolto il mio lavoro di sorvegliante notturno per più di un anno ininterrottamente,.

In apparenza sembra non ci sia proprio nessuno in questi paraggi per sostituirmi, così vago per un po’ con i fari spenti lungo tutto il perimetro intorno al grande edificio del campo di calcio, senza  peraltro registrare nulla di insolito. I medesimi fiochi e radi lampioni, il solito deserto di asfalto lasciato a sé, gli stessi stenti alberelli di sempre, isolati l’uno dall’altro, tristi, quanto possono esserlo delle piante affogate in un’aiuola di terra larga un metro. Mi fermo, attendo una mezz’ora, infine eccola, un’auto che si muove lentamente a fari spenti. La seguo con lo sguardo mentre resto immobile, e quella compie un giro ampio, lontano da dove mi trovo in questo momento, poi torna a fermarsi, come dovesse definire un piano.

Accendo i fanali della mia macchina, forse per un improvviso scatto di orgoglio, e riaccendo anche il mio cellulare per completare l’opera, nell’attesa che l’attuale guardiano di notte della zona si decida a venire ancora di più verso si me. Eccolo difatti, ma lentamente, come in attesa di un ulteriore segnale. Resto immobile, i miei strumenti percettori sono tutti tesi, resta solo da vedere cosa mai possa succedere. La macchina con gli abbaglianti accesi si ferma ad una ventina o trenta metri dal mio posto, poi anche il tempo sembra arrestarsi, come in un duello.

Apro la portiera fingendo quasi di voler scendere, ma resto seduto dove sono; l’altro davanti a me fa quasi immediatamente la stessa cosa. Potrebbero essere più d’uno dentro quella macchina rifletto, poi penso che il risultato comunque non cambierebbe di una virgola. Ognuno di noi attende la prima mossa dell’altro, come se fosse quella a decidere l’eventuale risultato di tutta la faccenda. Prendo tempo, in fondo non ho fretta, le cose possono mostrarsi differenti se soltanto si lascia scorrere via il nostro primo impulso. Poi vedo muoversi qualcosa, una figura scende dal suo mezzo e va a stagliarsi in mezzo ai fari, come a voler apparire solo una sagoma sfuggente.

Scendo a mia volta, e faccio la medesima cosa, mostrando che non ho paura, che posso affrontare a viso aperto una sciocchezza di quel genere. Mi aspetto che qualcuno parli, ma il silenzio resta in aria per qualche minuto. Provo un brivido improvviso, non so bene per che cosa, comunque estraggo dalla tasca la pistola. Aspetto ancora un attimo, l’altro non può essersi reso conto di un bel niente, visto che i fari occludono quasi ogni percezione. Poi prendo la mira e sparo in un fanale della macchina che ho di fronte, così da spengerlo in una fumata. La persona che mi sta guardando ha come uno scatto nervoso, probabilmente non si aspettava una mossa di quel genere, così risale sulla propria auto retrocedendo velocemente, fino quasi a sparire. Sorrido, ho dato un’immagine di me che difficilmente verrà dimenticata. Risalgo sulla mia vettura, ingrano la marcia e me ne vado, mentre spengo tutte le luci; giungono messaggi sul mio cellulare, ma io abbasso il finestrino e lo getto con indifferenza in un’aiuola. Buonanotte penso: si chiude una parentesi.

Bruno Magnolfi

Parentesi chiusa.ultima modifica: 2019-04-08T20:23:25+02:00da magnonove
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