Sparito dai radar.

 

Adesso ho paura. Mi guardo attorno con un certo sospetto, esco da casa sempre osservando da tutte le parti se non ci sia qualcuno ad attendermi. Poi incrocio la mia vicina di casa, così la ringrazio dei suoi favori, ma lei sorride, dice che non è il caso neppure di parlarne. La invito a prendere un caffè al bar di fronte, lei accetta, così ci mettiamo seduti ad un tavolino. “Vorrei chiudere con questo mestiere”, le dico; “ma i miei capi non me lo permetteranno facilmente; così sono costretto a tirare avanti senza neppure sapere che cosa stia facendo. Adesso poi mi controllano, mandano delle persone a vedere come mi comporto, i miei orari, i miei spostamenti. Penso sappiano tutto di me, mi sento continuamente sotto ricatto, senza peraltro che mi abbiano mai chiesto di fare qualcosa fuori dal mio orario di lavoro. Svolgere di mestiere il guardiano di un parcheggio, non è proprio il massimo; però se non ci fosse questo continuo senso di oppressione tutto potrebbe andare anche meglio”.

“Ma se tu dicessi di sentirti male”, dice lei, “loro probabilmente non avrebbero niente da ridire, e forse in capo a qualche settimana le cose si sistemerebbero da sole”. “Forse”, dico io, “ma non è detto. Magari in quel caso potrebbero farmi cercare da qualche scagnozzo che probabilmente mi affronterebbe in malo modo, spingendomi con le maniere forti a spifferare tutte le mie vere intenzioni. Non lo so, è stato intavolato una specie di gioco in cui io sono la preda, o la vittima, in qualunque caso si girino le cose. E da qualche giorno mi pare di essere giunto proprio alla stretta finale”.

La ragazza mi guarda, valuta qualcosa, prende tempo: forse sta pensando che anche per lei non sia molto salutare farsi vedere troppo in mia compagnia. Dice che adesso deve rientrare, così ci alziamo, la saluto mentre esce dal locale, ed io mi accosto al bancone per farmi servire un’ultima birra prima di pagare le consumazioni. Nello specchio dietro al barista seguo con sguardo attento la ragazza che attraversa la strada, noto che viene fermata da un tizio, mi accorgo che lei dice qualcosa, mentre l’altro le pone qualche domanda, e mentre avviene tutto questo vedo distintamente che nessuno dei due si volta mai verso di me. Chiedo del bagno, sparisco là dentro dopo aver messo i soldi sul piano, poi spalanco la piccola finestra che dà sul retro e rapidamente me ne vado da lì.

Devo prendere il volo, non c’è più alcuna diversa possibilità. Giro attorno all’isolato, inforco gli occhiali scuri, mi metto in testa un leggero cappello impermeabile che porto sempre con me, infine torno davanti al mio palazzo. Adesso sembra non ci sia più nessuno, così a passo svelto entro dentro al portone e salgo velocemente le scale. Non incontro nessuno, perciò apro di fretta il mio appartamento e subito inizio a mettere insieme tutto quanto mi possa servire. Preparo un borsone pieno di roba, guardo da tutte le parti per vedere se possa mancarmi qualcosa, infine prendo la mia pistola con la matricola abrasa ed anche i proiettili, ed esco senza altro pensiero se non andarmene subito. Giungo alla mia macchina parcheggiata, sistemo la mia borsa sul sedile posteriore, poi metto in moto, anche se prima di ingranare la marcia mi ricordo di togliere la batteria al mio cellulare. Sparito: da adesso non ci sto più.

Bruno Magnolfi

Sparito dai radar.ultima modifica: 2019-04-03T21:07:18+02:00da magnonove
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