Troppo lavoro.

 

Che cos’hai stasera, dice uno dei ragazzi. Niente, fa lui. Forse soltanto un po’di sonno. Si, fa l’altro, tanto lo sappiamo che hai perso la testa dietro alla merciaia. Non dire stupidaggini, dice Renato senza dare troppa importanza alla cosa. Quella è soltanto una cretinetta, non vale neppure la pena di perdere del tempo con una come lei. Ma se ti hanno visto tutti, fa un altro ancora tenendo gli occhi verso la piazza e sorridendo, che girellavi sempre davanti al suo negozio; e magari lei adesso per ringraziamento non ti guarda più neppure in faccia. Questo non è vero, dice lui; casomai ho cercato di farle un favore invitandola a venire qualche volta qui con noi. Mi avrebbe fatto piacere se ci avesse frequentato, se fosse stata un po’ qui a chiacchierare al nostro solito posto di ritrovo. Però lei è sempre troppo impegnata con il suo negozio. Oppure con Tommaso, fa quello di prima.

Nessuno aggiunge niente, Renato si volta verso la strada, come a cercare altri argomenti, uno di loro si alza dalla panchina per annunciare di andare a farsi dare una birra al bar Soldini. Non è il caso di insistere troppo, pensano tutti; si vede che Renato ci sta male. Ma è proprio in quel momento che qualcuno avvista proprio Clara, da sola, che sta camminando dall’altro lato della piazza, mentre si avvicina a loro senza mostrare alcuna fretta. Lei solleva una mano per salutare chi la sta guardando, evidenziando con il gesto un significato che appare con chiarezza, mostrando cioè quanto non stia recandosi propriamente verso di loro, ma soltanto che si trova a passare per casualità proprio da quelle parti. Renato sembra paralizzato, non se la sente di muovere neppure un passo verso la merciaia, anche se vorrebbe. Gli altri lo guardano, in attesa.

Ma nel momento in cui lei sembra proseguire come se nulla fosse verso la sua strada, lui si stacca dal gruppo, le va incontro da un fianco alla stessa velocità in cui si muove Clara, e dopo alcuni passi ne richiama l’attenzione con un semplice saluto a voce bassa. Lei si ferma, gli sorride, scambia con lui qualche parola, muove una mano in un gesto che vorrebbe forse convincerlo anche maggiormente di quello che gli sta dicendo con la voce, cioè che sta recandosi da qualche altra parte, e che ha qualcos’altro da fare che non starsene con lui o con loro in quella piazza. Per questo Renato impercettibilmente abbassa lo sguardo, lascia trascorrere appena un secondo, e quindi la saluta, tanto che anche ad osservarlo non sembra proprio ci sia altro da fare. Naturalmente nessuno tra i ragazzi sopra le panchine ha perso una sola virgola di tutta questa scena, ma quando Renato si volta per tornare verso di loro, nessuno sembra aver dato la minima importanza a quella cosa, ed ognuno immediatamente riprende la propria ordinaria espressione volgendo la testa in direzioni diverse e casuali. Renato adesso non ha più voglia di star lì in quella piazza ad incassare battutine spiritose, però andandosene subito il suo comportamento sarebbe anche troppo sospetto, per questo si costringe a restare ancora un po’, almeno per un’altra decina di minuti, quando poi dice che se ne deve proprio andare verso casa, ha bisogno di riposo spiega: ultimamente forse ho lavorato troppo con mio padre, dice come tra sé.

Bruno Magnolfi

Troppo lavoro.ultima modifica: 2018-11-26T20:17:53+01:00da magnonove
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