Solo paura.

 

Giungendo fin lì con il suo solito passo deciso, lei appoggia una mano sulla grande maniglia della porta vetrata, poi resta per un attimo immobile guardando dentro quella libreria che conosce benissimo, nella ricerca tra i due o tre clienti presenti all’interno, di una faccia precisa della quale riconoscere già alla prima occhiata superficiale i lineamenti ben noti. All’altro braccio porta appese quasi con sistematica indifferenza alcune buste griffate provenienti dai negozi nei quali con molta calma e ponderazione ha acquistato durante la tarda mattinata alcune cose delle quali si era convinta ultimamente di non poter in nessun caso fare a meno: un vestito attillato ed elegante dai colori tenui, un paio di scarpe di gran marca, un foulard, due camicette bianche che adora, una piccola spilla dentro un astuccio, pronta per essere utilizzata come regalo. Ha pranzato senza fretta in uno spazioso caffè affollato del centro, si è guardata attorno per tutto il tempo in cui vi è rimasta, ha cercato di porsi alcuni interrogativi che proseguono a girare nella sua mente da un po’ di tempo, senza però avere trovato le risposte cercate, e poi ha lasciato una mancia al cameriere, cosa questa che fino a poco tempo prima probabilmente non avrebbe mai fatto.

La città dietro ai suoi occhi rimane sempre un guazzabuglio affascinante, con il suo carico di persone indifferenti a qualsiasi pensiero degli altri, e la capacità di farti sentire perfettamente da sola in mezzo a tantissima gente, ed a lei ogni tanto piace immergersi in quella atmosfera, anche se sa benissimo che non è certo il suo mondo, il luogo dove potrebbe vivere oltre quelle brevi parentesi che una volta o due al mese ama concedersi, generalmente soltanto per fare degli acquisti un po’ particolari, o andare a salutare come adesso la sua cara amica. Però c’è qualcosa di diverso stavolta, un ingrediente poco definito che sembra danzare come una mosca in mezzo alla strada, su in alto, al di sopra del livello costituito dal traffico di macchine e di passanti apparentemente senza una meta. La preoccupazione improvvisa di rimanere da sola a portare avanti ogni propria battaglia.

Non ci aveva seriamente mai riflettuto fino a questo momento, ma i buoni risultati di sua figlia sul lavoro, il suo impegno evidente in tutto ciò che si trova ad affrontare, e la sua età che oramai non ne fa più una ragazza, bensì una donna, le fanno comprendere che a breve Clara sentirà un maggiore bisogno di autonomia da sua madre, e forse prenderà delle decisioni sulle quali ogni altro parere avrà una scarsa importanza. Con la mano ancora sulla maniglia della libreria lei avverte perfettamente come un senso di solitudine che le sta lentamente giungendo, quasi un surrogato minore di quel momento drammatico di tanti anni prima in cui si trovò ad affrontare il proprio periodo di vedovanza. Infine qualcuno però le va incontro, le apre la porta vetrata, la saluta subito con un abbraccio, come sempre è successo. E’ Elena, la sua amica di sempre, la proprietaria di quella libreria, donna coraggiosa e tenace, capace con un solo sguardo di comprendere quasi tutto delle persone che si trova di fronte. Ciao, le dice Marisa, appartandosi subito con lei in un angolo del grande negozio, per un minimo di intimità. Sono un po’ preoccupata, le dice subito, però vorrei tanto che tu mi consigliassi uno o più libri capaci di farmi riflettere; qualche scrittore che ha già affrontato e risolto questa paura della solitudine che improvvisamente mi sta attanagliando.

Bruno Magnolfi

Solo paura.ultima modifica: 2018-10-08T18:16:17+02:00da magnonove
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