Astrazione obbligatoria.

 

Non mi sento troppo bene in questo ultimo periodo, dico agli altri una sera che stiamo assieme; è come se all’improvviso non trovassi dentro di me alcuna volontà per mandare avanti le cose in cui ho sempre creduto. Non è possibile, mi rispondono subito tutti quanti: devi procedere, mostrare ancora il tuo evidente valore, dare un seguito chiaro a quanto sei riuscito a fare almeno fino adesso. Non ha più senso, dico, credetemi davvero; non è niente quello che ho cercato di fare in tutto questo lungo periodo della mia vita: mi sono sbagliato, questo è il punto, forse non ho mai avuto alcun talento, probabilmente non riesco nei miei lavori a trasmettere più niente, se mai ci sono riuscito qualche volta; e poi negli ultimi tempi è anche arrivato qualcuno con piena ragione a dirmi che se pure non avevo certo combinato qualche danno, in ogni caso nulla di mio era stato recepito dagli altri come davvero utile, tanto che tutto ciò che mi è riuscito di mettere insieme con fatica è soltanto un risultato buono appena per essere passato in fretta nel dimenticatoio.

Sono quasi increduli loro, hanno persino delle espressioni strane, però sembrano accettare poco per volta l’opinione che ho cercato così di esprimere, ed in breve riescono anche a convincermi, senza neppure rendersene conto, che probabilmente non aspettavano altro che sganciarsi da quei complimenti e da quelle lusinghe che hanno sempre avuto per il mio lavoro; ed improvvisamente nutro il sospetto che forse si sentivano addirittura costretti in qualche modo ad esternare quegli aggettivi che usavano, ma soltanto per acquiescenza o anche giusto per una abitudine assodata oramai nei miei confronti. Basta appena un attimo, un piccolo periodo, una volta affrontato e risolto tutto questo argomento, e nessuno poi sembra volermi chiedere più niente, tanto che la mia scelta di smetterla una volta per tutte con la mia attività appare pienamente rispettata, al punto che ciò in cui ho cercato di impegnarmi così a fondo fino ad oggi, in questo momento sembra addirittura non sia neppure mai esistito.

Così mi viene da ridere riprendendo a dipingere da solo senza farlo presente neanche agli amici miei più stretti. Anzi, proseguendo con loro a dichiararmi esausto, addirittura incapace di riprendere persino parzialmente quella mia attività di sempre, vengo adesso quasi compreso, interpretato forse appieno. Ho chiuso, dico a tutti, c’è soltanto da farsene una santa ragione. Così non c’è più nessuna richiesta di opinioni, niente più scambio di posta elettronica previa scansioni antipatiche e mortificanti, nessuna piccola mostra degli ultimi lavori fatta agli amici e conoscenti all’interno del mio piccolo studio. Solo immagini mie, private, indivulgabili: disegni senza scopo, colori da scegliere senza alcuna preoccupazione, libertà completa priva di alcun subdolo e strisciante asservimento psicologico a qualcun altro giudicante.

Come va? mi chiede un conoscente. Benissimo, dico: da qualche giorno mi sento molto meglio, i miei malesseri di poco tempo fa mi hanno abbandonato completamente. Sto bene, ecco il punto, non sento necessità di nulla e tutto mi pare vada oltre senza grandi impedimenti. Ma dei tuoi lavori di un tempo cosa pensi ora di farne? Non so, rispondo sibillino; magari mi deciderò a regalare tutte le tele solo a chi ha mostrato indubbiamente di apprezzarle. In questo modo qualcuno torna a farmi visita, altri chiedono di rivedere qualcosa che ho dipinto nel passato, ed alcuni addirittura chiedono di poter acquistare a poco prezzo qualche mio lavoro. Chissà, penso tra me, in fondo farsi un nome certe volte dipende proprio e unicamente da come riesci a comportarti: forse non c’è niente di male nel negarsi a tutti, però sembra un’ironia che la scoperta del valore di qualcuno passi proprio dalla sua astrazione nei confronti di ogni altro.

Bruno Magnolfi

Astrazione obbligatoria.ultima modifica: 2016-04-21T20:43:29+02:00da magnonove
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