Le parole che non saprei dire.

 

Attraversata la massicciata della ferrovia non c’è più nulla, solo qualche fosso maleodorante con dei fitti di canne marce e dei campi  abbandonati agli sterpi e ai rovi. Soltanto camminando ancora un po’, dove uno stradello senza pretese inizia una debole salita, allora si iniziano a trovare i primi alberi di acacia e qualche pino spelacchiato. E proprio in quel punto, tra un mucchio di cespugli, a ridosso di un muretto a secco, ecco che s’incontra la sua piccola casetta fatta di tavole di legno. Lui abita li, ha una specie di cisterna d’ acqua piovana che raccoglie con delle lamiere, e ogni giorno va con la sua vecchia bicicletta fino alle prime case del paese, davanti ad un supermercato di quartiere, a chiedere le elemosine durante tutta quanta la mattina, rivolgendosi alla gente che conosce e che lo aiuta quando può, riservando sempre un sorriso verso tutti, e ringraziando ognuno con grande gentilezza, quasi  per essere semplicemente sopportato.

Poi si compra qualcosa da mangiare o che gli serve per tirare avanti, e alla fine di ogni giorno ritorna con calma verso la sua baracca. Qualcuno si è già chiesto che senso abbia la sua vita costituita soltanto da quegli stenti, e qualche scemo gli ha procurato ulteriori difficoltà, tanto per mostrargli quanto possono essere difficili le cose, bucandogli la cisterna per uno spregio, e rompendogli qualche asse della casa mentre lui non c’era.

Elena a volte lo guarda, mentre quel vecchio prosegue a stazionare su quel marciapiede, davanti alla finestra del suo ufficio. Lo conosce da sempre si può dire, e certe volte sa perfettamente quali siano le sue espressioni, i suoi orari, tutti quei minimi movimenti che stando là fuori si permette durante il tempo che rimane davanti a quei negozi. Certe volte lei ha avuto voglia di uscire dall’ufficio, passare da quell’uomo, dargli qualcosa magari, sorridergli, ma non l’ ha mai fatto, forse per non apparire come gli altri.

 Si limita a guardarlo, generalmente, come fosse quella semplice presenza una parte della sua giornata, quasi un oggetto come tanti di quel suo monotono panorama.

Ma poi si decide, una mattina come tutte, ed esce dall’ufficio, scorre lungo il marciapiede lentamente, quasi incantata, e poi si ferma lì, proprio davanti al vecchio, quasi come per cercare dentro ad una tasca qualche spicciolo. Lo guarda, è incerta, non sa neppure lei che cosa voglia fare, ma infine tira fuori dalla borsa il libro di cui ogni giorno legge qualche pagina quando sta sulla corriera che prende ogni mattina per recarsi al suo lavoro. Gli offre quello, senza dire niente: un piccolo bellissimo romanzo dalla copertina colorata, con ancora il suo segnalibro infilato tra le pagine, come una somma, un compendio di tante cose che forse vorrebbe dargli, e di molte altre che non saprebbe in nessun caso dirgli.

L’uomo la guarda quasi con serietà, accetta il dono, forse comprende per un attimo l’importanza di quel gesto, forse molti pensieri riescono ad affollarsi tutti insieme dentro la sua mente, pur senza arrivare neppure a formulare le parole che vorrebbe. Grazie, dice infine, nient’altro; mentre Elena lentamente si allontana.

 

 

Bruno Magnolfi

Le parole che non saprei dire.ultima modifica: 2013-10-17T20:39:00+02:00da magnonove
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