Attesa.

            

            Lo so che non va bene restare qui senza fare niente. Però sto aspettando una telefonata, una semplice telefonata che sono sicuro cambierà molte cose di questo giorno e forse del mio futuro. Mi alzo, vado in cucina e mi verso un bicchiere d’acqua. Comunque sia mi sento bene mentre resto qui, anche se posso apparire come mezzo paralizzato in quest’attesa. Di fatto però si tratta semplicemente di sospendere i pensieri, lasciare che i minuti con la loro lentezza scorrano assolutamente tranquilli, senza inciampi, srotolando un presente quasi perfetto, vuoto e senza impegni, e tutto è a posto.

            Forse non giungerà neppure una vera e propria telefonata, rifletto: questo però in fondo non cambia proprio niente; devo solo lasciare che tutto sia pronto come se da un momento all’altro dovesse prendere a suonare l’apparecchio, anche se non succederà. Mi siedo vicino alla finestra, guardo fuori le persone che corrono quasi insensatamente e aspetto, qualsiasi cosa possa accadere resto qui ad attenderla; credo sia bello da questo punto di vista assistere a tutta la realtà che continua a funzionare, che elabora delle strategie per proseguire ad esistere, che si arrabatta per affrontare le cose, e giungere in tempo da qualsiasi parte.

            Sono sempre più convinto che almeno per adesso io invece debba assolutamente rimanere qui, e che forse potrei soltanto provare a scrollarmi di dosso almeno un po’ della semplice inerzia che mi fa essere in questa maniera. Probabilmente cioè dovrei uscire di casa se non altro qualche volta, buttarmi nella mischia insieme a tutti, comportarmi esattamente come gli altri, entrare nei bar, scherzare con i camerieri e farmi degli amici, qualcuno a cui confidare le mie cose, i miei segreti, sempre ammesso che ne abbia. Potrei dire ad un conoscente che mi sento composto di una diversa pasta, che giro dentro ai bar solo perché lo fanno gli altri, non per diversi motivi, e che la mia vera indole mi porterebbe quasi sempre a stare in casa, attendere magari una telefonata importante mentre resto ad osservare qualcosa dalla mia finestra, e lasciare così che il tempo voli. 

            Poi vado in cucina e mi verso l’acqua, la bevo, quindi torno alla finestra. Il telefono resta ancora in silenzio, ma io sono sicuro che qualcosa accadrà, che debba accadere, quasi per forza. Infine mi alzo e vado ad osservare l’apparecchio: alzo la cornetta, la porto all’orecchio, tutto funziona, sento nitidamente il segnale che conferma la linea libera. Poi l’appoggio sopra al piano del tavolo, e sento il segnale adesso che comunica il mio numero occupato. Meglio, penso, non avevo più neppure tanta voglia di essere disturbato da qualche scocciatore. E poi, rifletto alla fine tornando alla finestra con un nuovo bicchiere colmo d’acqua: se deve succedere qualcosa, non c’è neppure bisogno del telefono, può accadere comunque, all’improvviso, in qualsiasi altra maniera; l’importante in ogni caso è solo essere pronti.

 

            Bruno Magnolfi

Attesa.ultima modifica: 2013-10-11T12:16:21+02:00da magnonove
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