Dissolvimento di tracce.

             

            Lui e Giorgio camminano come sempre. Giorgio sostiene che non conosce i pensieri degli altri che incontra ogni giorno, anche se a volte cerca di farsene un’idea e di parlarne, però ricorda piuttosto bene quello che qualche volta gli viene riferito, le cose che normalmente gli vengono dette. Lui lo osserva in silenzio, forse non è convinto di queste affermazioni, gli pare assurdo non farsi un’idea più precisa di questi argomenti, però lascia correre. Prendono lungo il viale con la voglia di andare a sedersi al solito caffè e starsene lì per una buona mezz’ora, forse anche di più, visto che al momento non hanno niente di importante di cui occuparsi, e così in questa maniera continuano a parlare tra loro.

            Giorgio spiega ulteriormente come certe volte tutto gli appaia come una grande assurdità, e insiste dicendo che gli viene persino da ridere nel vedere quanto certe persone riescano a prendere sul serio qualsiasi argomento. Muove le mani mentre dice le cose, anche se non si sente particolarmente a suo agio, forse perché vorrebbe dire di più delle sue stesse parole, probabilmente gli piacerebbe anche spiegarsi in maniera maggiormente dettagliata, ma sa che in fondo tutto questo non gli è possibile, è la sua stessa natura che glielo nega, e in qualche maniera, proprio per questo motivo, prova anche in quello stesso momento un leggero disagio.

            Giungono infine davanti al locale, entrano e si siedono ad un tavolino. Se penso che ogni persona resta perlopiù indifferente nei confronti degli individui da cui è circondata, dice Giorgio, mi pare che il mondo sia solo una grande assurdità, anche se poi sono io stesso che non mi comporto in maniera molto dissimile da tutti gli altri. Però credo che sia come se la struttura delle cose ti ponesse normalmente in condizione di non riuscire ad essere diverso, quasi che la tua volontà riesca ad essere determinata da elementi che non entrano mai nel gioco generale, pur restando i fondamentali di tutto quanto, la base dello stesso sistema.

            Lui lo guarda senza dire niente, restando sostanzialmente in disaccordo, però ordina due birre piccole al cameriere, e forse avrebbe voglia di parlare di cose meno faticose, e anche di lasciar perdere quegli argomenti che sa perfettamente non porteranno da alcuna parte, né adesso e né in seguito. Giorgio capisce da quel silenzio il punto di vista dell’altro, e così lo guarda rivolgendogli un leggero e ironico sorriso. Bevono, e fingono per un attimo di stare sul medesimo versante, come se ci fosse una scelta vera e univoca al fondo dei loro modi di essere.

            Poi arriva Costanza, saluta i due appena sussurrando, lui la invita a sedersi, lei si schernisce, dice che ha fretta, consegna a Giorgio un piccolo foglio piegato a metà e poi esce, lasciando nell’aria un leggero saluto con la mano, e nient’altro. E’ soltanto il nome di un nuovo editore che vorrei contattare, dice Giorgio aprendo il foglietto, niente di particolare. In un attimo però sembra che tutto quanto sia pronto a cambiare, perfino l’aria stessa dentro al locale. Lui si alza dalla sua sedia guardando qualcosa avanti a sé, l’altro lo osserva, dice: se vuoi che andiamo, non c’è problema. Poi pensa meglio alle sue parole, si ritrova a guardare anche lui il medesimo punto insignificante, e infine aggiunge: siamo niente; appena usciti da qui la polvere coprirà il nostro passaggio, la nostra piccola dannazione quotidiana è destinata a svanire un attimo dopo che ce ne siamo occupati.

            Nessuno dei due, se ci pensano, saprebbe dire chi ha pronunciato davvero queste parole, però pagano in silenzio la bevuta, escono dal locale, tornano indietro, lungo il viale, ed avvertono di nuovo i dubbi di sempre che continuano a ronzare nell’aria, come inutili parole gonfie soltanto di vapore caldo che esala, senza lasciare davvero alcun tipo di traccia.

 

            Bruno Magnolfi   

Dissolvimento di tracce.ultima modifica: 2013-02-18T21:31:09+01:00da magnonove
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