L’altro da sé.

          

            Spesso, se resto seduto su una panchina dei giardinetti vicino dove abito, mi viene voglia dopo poco tempo di alzarmi e di sgranchire le gambe in una piccola passeggiata. Altre volte, mentre cammino lungo il viale che costeggia questo mio quartiere, mi prende il bisogno di sedermi per riposare, limitandomi poi a restare fermo e ad osservare la città attorno a me che prosegue a muoversi e a comportarsi come ogni giorno.

            Guardo le case, le auto, e con attenzione osservo tutte le persone che transitano, e molte volte alcune di loro mi pare perfino di conoscerle, di averle già viste almeno qualche altra volta, chissà in quali occasioni. Penso non ci sia niente di male nell’accorgersi che certe espressioni sono comuni a molti individui, e che alcuni modi di essere spesso fanno parte del bagaglio di tutti, come se ognuno di noi avesse qualcosa che lo rende quasi indistinguibile da chiunque altro.

            Certe volte incontro una persona che immagino abbia all’incirca la mia stessa età, e la vedo muoversi tra il viale e i giardinetti, proprio come in genere faccio anche io. Non ci conosciamo, non ci siamo mai salutati, eppure abbiamo senz’altro molte cose in comune, anche se sono evidenti molti particolari che ci differenziano, per esempio il tipo di camminata, ma anche il modo stesso di guardarci attorno. Osservo quell’uomo, in alcuni casi è lui ad osservarmi, e andiamo avanti così, sfiorandosi ma rimanendo sempre alla giusta distanza.

            Negli ultimi giorni ho preso ad allontanarmi dai soliti luoghi che in genere amo frequentare, e costeggiando il viale ho allungato la mia passeggiata fino ad arrivare dalle parti del corso, dove le strade sono strette e il quartiere è caratterizzato dai molti negozi. Non è la mia passeggiata preferita, però mi ritrovo a seguire, quasi senza volerlo, la stessa persona che sembra abbia i miei medesimi orari, e così, senza neanche pensarci, mi sono adattato a cambiare qualche abitudine. Mi sono anche accorto che in due o tre casi è stato lui a seguirmi, come volesse capire quali siano le mie consuetudini, ma tutto è sempre successo tenendoci a debita distanza, come se tutto accadesse per un puro caso e per nient’altro.

            Oggi ho deciso di portarmi un libretto da leggere, e sistemarmi su di una panchina di legno ombreggiata dagli alberi, per starmene lì senza muovermi, durante tutto il tempo che voglio. Ad un tratto ho visto la solita persona che incontro regolarmente, mentre mi stava guardando come per cercare di capire quali fossero le mie vere intenzioni. Naturalmente ho finto di non vederlo, ed ho continuato a leggere, come se niente fosse capace di distrarmi da quella lettura. Ma lui si è avvicinato, e con titubanza è venuto a sedersi sulla stessa panchina dove stavo anche io.

            Siamo rimasti a lungo vicini, senza dirci una sola parola, ed anche lui ha tirato fuori qualcosa dalla tasca della sua giacca, e si è messo a leggere, proprio come me. Quando ho deciso di andarmene, lui non ha detto niente, forse non mi ha neanche guardato, fingendo una concentrazione speciale in ciò che stava leggendo. Non c’è niente di male, ho pensato, quella persona mi pare di averla vista da sempre: potrebbe essere un conoscente, addirittura qualcuno che conosco da molto tempo, un vicino di casa, un amico, perfino un lontano parente; ma forse è bene, sia per me che per lui, che rimanga semplicemente qualcuno che incontro soltanto per caso.

            Bruno Magnolfi 

L’altro da sé.ultima modifica: 2012-09-13T15:57:01+02:00da magnonove
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