Basta (ripresa cinematografica n. 13).

             

            Linnie adesso è seduta, coi muscoli del corpo rilassati, quasi abbandonata sopra la sua sedia, in una posizione leggermente scomposta, che forse, ad analizzarla bene, non indica niente, nulla dei pensieri che sicuramente sono transitati fino adesso dentro la sua mente. Un agente in divisa le si avvicina, dice qualcosa di poco significativo, lei sorride per abitudine, quasi senza intenzione, poi torna ad abbassare lo sguardo, e a ricomporre gli eventuali pensieri che intenzionalmente può avere accantonato. La corsia dell’ospedale brilla di una luce verdina irritante, ma si comprende che non potrebbe essere altro che così, e i medici che percorrono il tratto di corridoio davanti a lei, coi loro camici bianchi, rispecchiano la medesima sensazione diffusa di fermento disumano.

            Linnie non ha la minima idea di che cosa sia accaduto nella testa di suo marito, però sa che qualcosa doveva pur succedere, ne era convinta già da tempo, tanto da rimanersene, durante certi giorni, in attesa di una notizia di quel genere. Una parte di lui non le era stata chiara fin da subito, anche se non lo aveva detto mai ad anima viva; ne era stata consapevole fin da quando lo aveva conosciuto in quel bar anonimo nella zona nord della città, dove lei si faceva vedere solo certe volte, con indifferenza, assieme alla sua amica di allora, persa di vista poco tempo dopo. Però non le importava affatto, a quell’epoca, di tutti quegli aspetti; era convinta che chiunque dovesse conservare, tra le proprie cose, un elemento proprio di personalità e di persuasione, nessuno escluso, perché quella era la vita, un percorso grigio in cui lasciar brillare di sé qualche elemento.

            Ma tutto questo adesso non è assolutamente importante, pensa Linnie, la cosa fondamentale è che lui non abbia veramente fatto male a nessuno quando lo hanno tirato giù da quell’altana, e che abbia lasciato la sua carabina appoggiata dentro l’angolo, senza puntarla addosso a chicchessia, e che non abbia opposto alcuna resistenza quando lo hanno portato via in barella e messo dentro all’ambulanza. A lei l’hanno avvertita subito dopo, le hanno detto che qualcosa non andava dentro la testa del marito, e che dopo lo sparo lui si era rifiutato persino di rispondere alle telefonate di servizio che avevano continuato a fargli, prima di salire fino al suo posto di guardia. Non aveva più riconosciuto nessuno, neppure i suoi vecchi colleghi, quasi amici: era rimasto chiuso dentro al suo mutismo, nient’altro, e si era lasciato portar via senza dire niente, senza fare nulla. Adesso, terminato l’effetto dei calmanti e di tutti gli altri farmaci, soltanto lei poteva scuoterlo da quel torpore in cui era caduto, per questo Lennie stava lì, invece di rimanersene a casa ad occuparsi delle cose di ogni giorno, e ad ascoltare la sua radio.

Qualche volta lui le aveva parlato di quegli strani fantasmi che si presentavano sopra quella altana, che si muovevano in modo insensato, sussurravano cose irrazionali, ma lei non gli aveva mai dato alcun peso, anzi, le era parso quasi normale che non si dovesse pensare di esser soli in un luogo di quel genere. Lei aveva annuito quando ne avevano parlato, si era fatta piccola di fronte all’importanza del suo compito, come sempre immaginava, e delle sue parole, in quelle ore trascorse insieme al suo fucile, preso in quella missione che portava sempre avanti, lei ne era convinta, senza alcun tentennamento.

            Forse c’era la radio accesa quelle volte, se adesso ci pensava bene, ma la musichetta rimaneva soltanto sullo sfondo, e poi per lei era quella l’unica compagnia della sua vita, il solo passatempo che si permetteva, sprofondata in quel senso di attesa in cui si articolava la maggior parte di tutte le sue ore, tra le cose ordinarie di cui occuparsi dentro casa, mentre lui si preparava, e quei turni di guardia importantissimi, fondamentali, al cospetto delle maggiori menti criminali rinchiuse dentro al carcere. Tutto il resto era marginale, ne era convinta, così come era sicura che niente sarebbe mai cambiato nelle loro giornate, e lei avrebbe ancora potuto ascoltare la sua radio, imbambolata a immaginarlo fermo, suo marito, sull’attenti, affascinato dal suo lavoro più che da qualsiasi altra cosa, immerso come sempre nel suo turno di guardia.             

            Bruno Magnolfi

Basta (ripresa cinematografica n. 13).ultima modifica: 2012-05-04T20:44:22+02:00da magnonove
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