Nessuna sensibile solidarietà.

Le giornate scorrevano tranquille, non c’era proprio niente che intervenisse almeno qualche volta a rompere anche solo di poco quell’ordinarietà delle cose che pareva si fosse innestata ormai da parecchio tempo. Già soltanto assistere dietro ai vetri della finestra a un pomeriggio di pioggerellina uggiosa sembrava un elemento di squilibrio, qualcosa che lasciava sbuffare tutti quanti per le scocciature degli ombrelli e degli impermeabili nel caso di dover uscire dalla propria abitazione. Così si andava a letto nelle ore notturne, e durante quelle diurne il tempo era scandito dal lavoro, dal pranzo, dalla cena, dalle medesime cose che si ripetevano invariabili.

Per Vittorio tutto questo poco per volta era diventato quasi insopportabile. Non che avesse in mente chissà cosa di diverso rispetto a quanto tutti facevano in quel loro piccolo paese, ma era come se sentisse dentro di sé un peso sempre più opprimente nel piegarsi a quelle abitudini stratificate. Certe volte lui si fermava nella piazza principale a parlare con qualcuno dei ragazzi della sua età che si incontravano lì ogni giorno, ma lo faceva soltanto per non tornare subito a casa dei suoi, una volta terminato il suo orario di lavoro come apprendista. Spesso, anzi, rimaneva in silenzio quando stava insieme agli altri, restava fermo ad ascoltare quello che i ragazzi avevano da dire, salvo riscontrare che erano più o meno sempre le medesime sciocchezze, tanto che a volte anche quel tempo trascorso in quel modo e senza un vero scopo, gli pareva un po’ pesante e inutile.

Si sedeva, quasi sempre, su una delle sedie di quel bar all’aperto, assieme agli altri, ed osservava le espressioni, le loro facce buffe, quei gesti di tutti articolati ad amplificare il linguaggio che usavano, quelle parole spesso povere, quei modi di dire e di spiegarsi spesso identici. Poi un giorno era arrivata Laura. Non aveva detto niente, si era limitata a sorridere ascoltando i discorsi che si facevano, e Vittorio se ne era sentito attratto soltanto ad osservarla, come se dietro quel sorriso e quella sua espressione intelligente, ci fossero tante altre cose insolite da scoprire. Le aveva parlato, una sera qualsiasi, le aveva chiesto di sé, quali fossero i suoi pensieri quando era da sola, per esempio, ma anche come immaginasse la sua vita tra due anni oppure dieci.

Lei lo aveva guardato, aveva sorriso, naturalmente si era mostrata sorpresa di quelle sue curiosità: nessuno mi ha mai chiesto cose come queste, aveva detto, però era stata vaga nelle sue risposte, senza chiarire quasi niente, come se tenesse in serbo una propria intimità celata. Poi, avevano parlato qualche altra volta loro due, allontanandosi da quel solito posto, affrontando certe lente passeggiate lungo i marciapiedi della strada principale, e Vittorio in quei casi, aveva cercato di dire qualcosa di importante, qualcosa in cui credeva, che mostrasse a lei la sua sensibilità. Laura lo aveva ascoltato in silenzio, poi aveva cercato in genere di alleggerire gli argomenti, non si lasciava andare a spiegare nel dettaglio i suoi pensieri, così lui spesso immaginava che su molte cose lei fosse d’accordo o comunque in sintonia con le sue cose.

Un giorno lei passò dal solito bar con la sua amica, salutarono ambedue Vittorio, si fermarono però soltanto un attimo, sembrava avessero da fare; così si allontanarono quasi subito, e lui, senza essersi mosso dalla sua sedia, ne seguì i loro passi con lo sguardo, come se stesse cercando di mettere a punto qualcosa dentro se stesso. Poi le due ragazze, ormai a venti metri di distanza, si voltarono contemporaneamente, lo guardarono ambedue, e scoppiarono a ridere senza che se ne evidenziasse un qualche motivo. Hai visto?, sembrava dicesse l’amica di Laura continuando a ridere, non ti perde più di vista. Te lo avevo detto, rispondeva l’altra, ormai è così da settimane, sembra quasi che io sia la cosa più insolita che transiti lungo questa strada.

Vittorio sorrise, si sollevò lentamente da quella sedia, lasciò agli altri un gesto collettivo di saluto, e se ne andò da lì per incamminarsi verso casa: in fondo non c’era molto di nuovo nel paese, pensava, lui doveva cercare di convincersi di questo, era perfettamente inutile cercare della solidarietà per quei suoi strampalati modi di essere.

Bruno Magnolfi

Nessuna sensibile solidarietà.ultima modifica: 2011-02-14T14:43:20+01:00da magnonove
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