La ferita nella terra

L’operaio si era guardato attorno già diverse volte avanti di spostarsi per far passare l’autocarro che doveva scaricare la grossa pala meccanica. La polvere gialla nell’aria brillava come oro e tutto il grande spiazzo, oggetto degli scavi, era picchettato da ogni parte con nastri bianchi e rossi, come un’assurda pista pedonale o di go-kart. Era buffo immaginare delle nuove costruzioni in posti del genere, pensava l’operaio. Campi incolti, luoghi dove non c’era nulla, che diventavano in un anno di lavoro un gruppo di case con il giardino, i parcheggi davanti e la strada asfaltata fino alla provinciale. C’erano movimenti politici alle spalle, lo sapevano tutti. Speculazioni edilizie che non potevano fare a meno degli appoggi dei sindaci, degli assessori e di chissà chi altri. Ma a lui non importava, quello era soltanto il suo lavoro.

I giorni addietro aveva aiutato il geometra e il progettista piazzando a terra quei punti fermi, con le quote e tutto il resto; erano rimasti in silenzio quasi tutto il tempo, lui aveva obbedito agli ordini senza battere ciglio mentre loro guardavano dentro agli strumenti; non aveva chiesto niente, non si era preoccupato di nulla, anche se non sapeva fino in fondo cosa significavano quei segni e quelle distanze. Poi, quando era rimasto solo, aveva immaginato dei bambini, tra due tre anni, che sicuramente avrebbero giocato tra loro in quello stesso posto dove adesso non c’era ancora niente. Pensava ai lavori finiti, ai piccoli prati, i cespugli fioriti, agli steccati delle recinzioni, e gli parve tutto innaturale.

L’autocarro aveva finito la manovra, la pala meccanica era stata messa giù, il lavoro di movimentazione della terra poteva avere inizio. Lui sarebbe rimasto tutto il tempo ad assistere al lavoro della pala, come se avesse compreso perfettamente cosa doveva essere fatto; il geometra, dentro alla baracca di cantiere, gli aveva lasciato anche il progetto degli scavi, perché doveva andare via, a seguire altri lavori chissà dove. Aveva detto di si quando gli era stato chiesto se avesse capito tutto, ma in fondo la terra era solamente terra, aveva pensato, le cose si sarebbero sistemate. E poi l’escavatorista era uno pratico, sapeva il fatto suo, non ci sarebbero stati problemi. Il caldo e il forte ronzare del motore creavano una monotonia disarmante, l’operaio si sentiva inebetito, come se non avesse neppure qualcosa da pensare. Desiderò di avere qualcuno accanto con cui fare quattro chiacchiere, ma si rendeva conto che sarebbe stato impossibile con tutto quel rumore.

Osservava ogni tanto la fila di alberi alla fine di quel vasto campo incolto, e si accorse poco per volta che era bellissimo quel posto, forse più di quello che aveva pensato inizialmente. La pala meccanica andava avanti inesorabilmente a muovere la terra, a deturpare quella natura, e l’operaio provava una nausea, un desiderio assurdo che tutto si fermasse, che si lasciassero le cose come stavano. Vedeva quel grosso braccio protendersi a raschiare quel materiale argilloso, compattato da secoli, e provava una vertigine.

Fu in quel momento che iniziò ad osservare un picchetto di ferro che aveva piantato lui stesso dentro al terreno: gli andò vicino fissandolo come un oggetto impuro dentro a un luogo sacro, e alla fine vi si lasciò andare sopra, senza neppure pensare a cosa realmente stava facendo. La ferita al braccio apparve subito notevole, l’escavatorista lo vide e fermò la macchina lasciando che il silenzio riprendesse il suo potere. Corsero anche i ferraioli che più lontano stavano già preparando le gabbie per le fondazioni, e tutto parve normale, c’era solo un ferito in un cantiere, come spesso succedeva. L’operaio si era girato sulla schiena per lasciarsi mettere una fasciatura di fortuna, e annusava l’aria per afferrare a fondo quel silenzio di campagna; poi si accomodò sopra al furgone senza dire niente, un incidente dicevano gli altri, ma a lui veniva quasi da sorridere, forse era da perdenti il suo sentire, ma si sentiva orgoglioso di aver mostrato almeno a se stesso il proprio disappunto.

Bruno Magnolfi

La ferita nella terraultima modifica: 2010-07-09T10:04:08+02:00da magnonove
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