Briciole di pane

Praticamente, come tutta la casa, la cucina era piccola, il tavolo era addossato ad una parete, e il resto era lì, il gas con la bombola, il frigorifero che funzionava anche come piano d’appoggio, il lavello perennemente ingombro di qualcosa. Quello era l’appartamento che Carlo aveva trovato in affitto all’inizio dell’università, là dentro ci poteva abitare soltanto una persona, tanto era minuscolo, ma lui non aveva mai desiderato cambiare. Certe volte, è vero, gli era pesato abitare da solo, ma ciò nonostante, e anche oltre al fatto che ai suoi genitori, quando qualche volta erano venuti fin lì dal paese, non fosse piaciuto per niente quel suo appartamento, ugualmente lui non aveva mai cercato nient’altro, era sempre rimasto ad abitare in quelle due stanze.

Gli piaceva mettersi seduto al suo tavolo, da solo, con la tovaglia ancora cosparsa di briciole di pane e l’unico piatto ormai ripulito spostato su un lato, prendere un libro ed appoggiarsi con la spalla a quella parete, con la finestra subito lì, che dava sul cortiletto, a leggere piano, con la radio in sottofondo che parlava, parlava per conto proprio. Certe volte si addormentava su quella sedia, ma per pochi minuti, con un dito tra le pagine a tenerne il segno, pronto a riprendere la sua lettura subito dopo. Erano trascorsi più di tre anni dalla sua laurea, e quel breve periodo era bastato per togliergli ogni entusiasmo, estirpare quel sogno di trovare un lavoro decente, di iniziare a vivere in modo un po’ meno approssimativo. Forse non aveva cercato abbastanza, a volte pensava, forse si era rilassato anche troppo; forse aveva immaginato qualcosa che non esisteva in realtà, e la sua delusione lo portava nella sua piccola cucina, con la luce del sole di quel primo pomeriggio che filtrava dalle tendine, ad assaporare quei rumori di vita lontana, a lasciarsi cullare nella proroga di ogni decisione.

Cosa poteva mai essere di diverso la vita, certe volte pensava, se non quello starsene lì, senza dar noia a nessuno, accarezzato dal sole, da quelle parole del libro? Con qualche lavoretto che riusciva a trovare ce la faceva giusto a tirare avanti, ma che prospettiva poteva mai essere quella, passavano gli anni senza che nulla variasse, seppure di poco. Poi aveva conosciuto quella ragazza e un po’ aveva perso la testa, ma non era durata, e Carlo si era ritrovato più solo di prima. A volte ci ripensava a quelle poche volte che lei era salita fin lì, lui le aveva cucinato qualcosa, avevano parlato di tutto, lui l’aveva baciata abbracciandola in piedi, addossato a quella stessa parete in cucina o accanto al tavolo.

Che sciocchezze, pensava adesso, però belle da ricordare, anche se lei dopo un po’ non aveva più voluto saperne di quelle sue maniere trasognate e indecise. Chissà in quanti modi sarebbe potuta andare la loro storia, a volte pensava: con l’entusiasmo di quel periodo lui avrebbe bussato a tutte le porte, avrebbe trovato un lavoro, cercato una casa più grande, andato ad abitare con lei, e poi chissà, tutto sarebbe facilmente stato diverso. E invece ancora adesso lui era lì, con le sue cose di ogni giorno, con il suo libro da leggere, la finestra, la tovaglia cosparsa di briciole di pane. Però continuava a piacergli quel mondo minuto: a volte scostava la tendina, si sporgeva in avanti, riguardava il cortile con la luce del sole che riusciva a scaldarlo, e si sentiva felice, almeno per altri cinque minuti.

Bruno Magnolfi

Briciole di paneultima modifica: 2010-04-16T14:32:03+02:00da magnonove
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