Pannocchie umide

Lo so che cos’è che accomuna le nostre piccole menti. Conosco perfettamente quel piccolo tarlo che lavora finemente dentro di noi e non ci lascia mai in pace: ci stuzzica, fa la sua galleria poco per volta, segue percorsi per noi sconosciuti. Ho sempre saputo di non essere solo con i miei pensieri, di avere con me tutti voi che meditate le stesse cose che anch’io medito, e siete irritati col mondo nella stessa maniera come sono irritato io adesso. So cosa abbiamo in comune, senza che neppure stiamo a spiegarci. Ogni volta che siamo perdenti, un senso di affanno, una necessità stringente di stare da soli, ci porta talvolta a scappare per strade tortuose, con la voglia impellente di ritrovare quei piccoli pensieri confortevoli di sempre, quei percorsi mentali senza novità, utili solo a riscoprire qualche certezza per un momentaneo benessere. Progetti fantasiosi di gesti utili agli altri, di attività impellenti da intraprendere, parabole iperboliche da sfruttare subito per non perdere per sempre quell’unica possibilità che ci è data, ci guardano dall’alto. E poi niente, resta solo il silenzio e la tristezza di rimanere da soli e di non avere fatto proprio niente. Questo è ogni volta ciò che rimane quando cogliamo alla fine il senso di uno sforzo che ci ha un’altra volta lasciato fiaccati, coscienti di non aver combinato nulla di buono. Eppure l’intenzione c’è stata, anche l’impegno, siamo sicuri di aver fatto tutto quanto ci era possibile, e forse questo in qualche maniera ci basta, o in ogni caso siamo sicuri che ce lo faremo bastare. Già da adesso sappiamo che tutto quanto quel tempo che andremo a gettare via nel nostro prossimo sogno non ce lo restituirà mai nessuno, eppure siamo disposti a puntarlo come in un gioco d’azzardo, per poi sorridere di fronte ad un risultato diverso da quello sperato. Ieri sono uscito di casa per una passeggiata, un qualsiasi giro a piedi. C’era il sole, ma anche delle nuvole grandi che ogni tanto ne ostruivano i raggi. Camminavo, le mani sprofondate dentro alle tasche, la testa che girava attorno ai soliti percorsi. Per strada le persone correvano verso importanti destinazioni, erano assorte nei loro tragitti, impossibile distogliere quelle loro concentrazioni. Quando sono rientrato le nuvole erano a terra, sul pianerottolo della mia casa, sotto ai miei piedi, ed il cielo era lì, su quel pavimento, quasi inerte. Ho assaporato quelle nuvole, proprio come avrebbe fatto ciascuno di voi: erano umide, grandi pannocchie vaporose cariche d’umido, senza sapore.

Bruno Magnolfi

Pannocchie umideultima modifica: 2010-03-04T20:51:15+01:00da magnonove
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Un pensiero su “Pannocchie umide

  1. Nuvole come zucchero filato, dolci e leggere, a volte piene di pioggia cadono al suolo, ma c’è sempre un alito di vento che le fà tornare a volare.
    Nuvole come sogni.
    Bellissimo racconto

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