Il voto disperso

Non c’erano molte persone al comizio. Come in tutti i giorni passati, d’altronde, durante tutti gli altri comizi di quella campagna noiosa e monotona. Non c’era proprio niente da meravigliarsi, la mia lista attirava poco interesse, tutto qua. Gli argomenti del discorso da tenere ogni giorno erano i soliti, io cercavo sempre di cambiare un po’ le parole, ma spesse volte intere frasi mi si riaffacciavano identiche dentro la mente, già digerite, ben collaudate, quasi monotone, anche loro, come tutto quel periodo preelettorale. Il rischio maggiore era quello di recitare la poesia a memoria andando dietro alla musicalità di ogni parola, dimenticandone il senso, perdendo quasi i significati per strada. Avevo guardato negli occhi due o tre persone tra quelle che si trovavano lì, in prima fila, e mi ascoltavano attente; poi ero stato attratto da un uomo leggermente in disparte, che non guardava dalla parte del palco, però stava lì, fermo, in piedi e da solo. I suoi pensieri avrebbero potuto essere contemporaneamente vicini, rimbalzare attorno agli argomenti trattati per decidere se trovarsi d’accordo o neanche per sogno, oppure distanti chilometri: trovarsi lì solo per caso, e la sua immobilità a margine di una manifestazione minore come quella di cui ero il principale rappresentante, motivata da mille cause diverse neanche corrispondenti a quello che andavo illustrando. Comunque fosse, l’espressione del viso dell’uomo, rivolta da una parte qualsiasi di quella piazzetta mezza affollata, rimaneva identica, ogni volta che ritornavo col mio sguardo a osservarla, di momento in momento. Il mio discorso finì, ed io ringraziai la platea e accettai col sorriso quell’applauso scrosciante che arrivò da coloro che erano rimasti tutto il tempo ad ascoltare il comizio; poi scesi dal palco, strinsi le mani che mi venivano offerte, e accolsi con grande piacere le parole di elogio e sostegno che mi venivano dette. Quando la gente pian piano si disperse andandosene a parlottare tra loro in gruppetti, io vidi ancora quell’uomo, si era avvicinato verso di me, e adesso pareva osservarmi, forse per dirmi qualcosa. Arrivò lentamente fin sotto al mio palco, lasciando vistosamente aumentare con l’espressione del viso il suo interesse verso di me, e si fermò solo a un metro, continuando a guardarmi. Non potevo restare insensibile di fronte a quella presenza, ma non ne provavo paura, piuttosto curiosità per ciò che aveva sicuramente da dirmi: così lo guardai, in modo diretto, aspettando qualcosa che sembrava tardare. Ma quello si volse, senza dirmi alcunché, e com’era arrivato andò via.

Bruno Magnolfi

Il voto dispersoultima modifica: 2009-10-21T22:39:21+02:00da magnonove
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