Senza alcuna direzione.

Il portiere era da solo dietro al bancone del piccolo albergo. Aveva subito controllato la prenotazione, poi registrato i miei dati, verificato con una semplice occhiata che non avessi bagaglio, come forse già immaginava; poi aveva appoggiato sul piano orizzontale la chiave della mia camera. Dalla finestra non si vedeva molto, però si percepiva la presenza della città fuori da quell’arredamento ordinario e impersonale della semplice stanza: una città di provincia, con qualche chiesa antica e alcune opere d’arte forse da vedere, con le case disposte sui piani ondulati di due o tre colline. Lei sarebbe arrivata più tardi, come d’accordo.

Mi ero sciacquato la faccia e le mani, prima di scendere al bar di fronte alla strada. Avevo deciso che avrei aspettato lì, piuttosto che farmi trovare in quella camera squallida. Alcuni tizi giocavano a  carte, altri parlavano di qualcosa poco importante. Non mi sentivo molto a mio agio neppure là dentro, però mi ero fatto servire un caffè, lo avevo bevuto velocemente e anche con scarsa soddisfazione; infine ero uscito da quel locale per fare due passi. La mia auto era parcheggiata trenta metri più avanti, ed adesso la sua vista mi dava il sollievo della via di salvezza, come se ne avessi davvero bisogno.

C’era una vecchia seduta su una panchina, il piccolo cane vicino, al guinzaglio. Dissi qualcosa, come il prolungamento casuale di un pensiero svagato, e quella rispose di non preoccuparmi, che il cane era buono, praticamente si poteva fargli qualunque cosa. Mi abbassai per toccare un orecchio del cucciolo, e le chiavi tintinnarono nella mia tasca. Immaginai lei mentre stava arrivando, nervosa, concentrata su tutti i passaggi che doveva affrontare. La vidi triste, tesa, senza alcuna voglia vera di affrontare quella novità che le offrivo.

Tornai indietro, una volta giunto al primo angolo di quella via; la vecchia adesso non c’era più, la panchina era libera, così mi sedetti al suo posto. Controllai il telefono muto, quasi per inerzia, poi mi parve di sentire la voglia profonda di essere altrove. Cercai convintamente di controllare ogni più piccola emozione, ripercorrendo la logica delle cose; infine sentii da qualche parte il desiderio di aver già superato in qualche maniera quei due giorni che ormai ci attendevano.

Quando vidi la sua utilitaria, mentre lentamente percorreva la strada cercando un parcheggio, non mi mossi per niente da dove mi trovavo. Lei non mi aveva notato; spento il motore e sbattuto lo sportello era entrata subito dentro l’albergo. Immaginai tutti i pensieri di quel portiere fino ad allora impegnato probabilmente in un videogioco: le parole di lei mentre chiedeva se ero arrivato, i gesti usuali di lui sopra al bancone. Non mi decidevo ad alzarmi da quella panchina, mi chiedevo senza trovare risposta cosa dovessi davvero fare.

Alla fine il motore della mia auto mi scosse, una volta girata la chiave dentro al cruscotto: arrivai quasi senza respirare fino in fondo alla strada, poi tornai indietro come cercando la direzione per andare a riprendere l’autostrada, ma rallentai quasi incoscientemente, per andare a fermarmi proprio davanti a lei, ferma sul marciapiede. Ciao, dissi, abbassando il finestrino; e lei, con uno sguardo sfuggente, mi restituì in un attimo, senza usare parole, tutta le perplessità che c’erano in ognuno di noi, per quell’incontro che forse non portava proprio da alcuna parte.

Bruno Magnolfi

Senza alcuna direzione.ultima modifica: 2014-09-05T17:17:23+02:00da magnonove
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