Maledetto presente.

Tornavo indietro, una volta, come si torna verso le cose che ormai si conosce, quelle che danno maggiore sicurezza, che riescono quasi a proporti un piccolo spaccato di vita differente da qualcosa che hai appena fatto, dopo che tutto ciò in cui avevi riposto affidamento sembra essersi perso nel nulla, o peggio, mescolato in mezzo ad elementi del tutto insignificanti. Invece di prendere la strada verso casa, per poi ritrovare le abitudini di sempre, le piccole quotidianità di cui è naturale sentire il bisogno, guidando la mia auto con gli occhi che quasi mi si chiudevano per via delle precedenti nottate trascorse in certi locali notturni della zona, a cercare insieme ad altri lo svago del presente e la dimenticanza di tutto il passato, nel tentativo di trovare sempre qualcuno, o qualcuna, disposto o disposta ad ascoltare e a credere a tutte le  parole che potevo riuscire a mettere insieme, approdavo quasi senza volerlo davanti alla abitazione di mia mamma, forse più per la voglia di non ritrovare la confusione dei soliti oggetti del mio piccolo appartamento, che per la voglia vera di vedere una volta di più la mia vecchia.

Appena sceso dall’auto però già sentivo che era una stupidaggine quella che stavo facendo, e forse volentieri sarei risalito velocemente per andarmene via, salvo farle magari la solita telefonata svogliata più tardi; sennonché una vicina mi aveva riconosciuto e subito salutato, di fatto inchiodandomi lì. Avevo sorriso verso di lei quasi senza averne alcuna intenzione, ma poi a quel punto avevo continuato, mani dentro alle tasche, con quell’avanzare in pratica del tutto indolente, quel percorso indesiderato eppure ormai diventato improvvisamente quasi obbligatorio.

Mia mamma, la solita: e che bella sorpresa, però ti vedo sciupato, era un bel pezzo che non passavi da qui. Ho bisogno di dormire, dico io, mi basta mezz’ora sul divano di là; no, tutto bene, più tardi magari ti spiego. Ancora quattro parole di circostanza, poi la televisione subito accesa nel salottino, col volume al minimo, a riempire quell’inevitabile vuoto. Mia mamma in cucina, subito pronta a mettere assieme qualcosa, a farmi contento, in qualche maniera, a rendersi utile. Poi è stato sufficiente allungare i piedi sopra al tavolinetto di fronte a me, per addormentarmi quasi di colpo, quasi senza coscienza. Più tardi, appena un’oretta, il risveglio pieno di una strana amarezza, di un sentirmi del tutto fuori dal luogo dove probabilmente sarei potuto essere, ed infine, inevitabile, il saluto frettoloso, superficiale, senza stare troppo ad insistere.

Si, sto bene, una di queste sere ritorno, non preoccuparti, tutto va bene, davvero, è tutto a posto, vedrai che staremo meglio quando ripasso, ti porto anche un dolce, di quelli come piacciono a te. Che senso ha tutto questo, rifletto mentre salgo di nuovo sulla mia auto. Non ho niente da dire, ho perduto tutti i contatti, forse non tornerò mai più a far visita alla mia mamma, penso. C’è troppa distanza, continuo a riflettere mentre mi allontano perplesso; potrei anche dire che le nostre generazioni, fin da subito così diverse, adesso non hanno proprio più nulla per riuscire a scambiare qualcosa, ma non è solo così. Forse sono io che non so riconoscere altro che ciò che ho più vicino; è il presente, questo tremendo presente che più di ogni cosa mi incalza, mi reclama, mi vuole tutto per sé, spesso lasciandomi perso. Proseguo a percorrere la strada dell’immediatezza, dell’attualità che mi circonda, quasi come una perenne ossessione. Mia mamma è distante, troppo distante, lo so; a volte mi dico che lei è soltanto la mamma, ma so anche che forse dipende tutto da me, non da altre cose, ma non potrò mai essere differente, nemmeno di poco, perché è tutto ciò che ho attorno che mi reclama così.

Bruno Magnolfi

Maledetto presente.ultima modifica: 2014-04-27T21:03:20+02:00da magnonove
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