Amici miei.

Si possono osservare molte cose dentro ad una tavola calda come questa. I clienti sono quasi tutti di corsa, ed entrano generalmente già con un certo affanno, quasi come se l’unica preoccupazione per loro fosse per esempio quella di accaparrarsi uno di questi tavoli liberi. Si mettono impazientemente in fila, scorrono velocemente lungo il nastro con il loro vassoio, e infine vanno a sedersi, portando subito con energia il cibo alla bocca. Un uomo tra gli altri arriva ogni giorno immancabilmente da solo, sempre alla stessa ora; entrando accenna un sorriso verso qualche inserviente che ormai conosce, poi prende il vassoio, si sceglie le pietanze senza mai chiedere niente, poi si sistema seduto, generalmente nell’unico posto libero di un tavolo già occupato da qualcun altro.

Schivo, inespressivo, non parla mai, si limita ad osservare qualcosa fuori dai vetri, per questo avendo cura in ogni caso di non mettersi con le spalle alle vetrine. Trovandolo per strada o anche da qualsiasi altra parte, risulterebbe quasi impossibile riconoscerlo, tanto anonima appare la sua faccia. Lui non ha mai fretta. Addirittura, quando ha finito di mangiare, si trattiene sempre a lungo, come se non avesse da raggiungere alla svelta un luogo di lavoro come è evidente per quasi tutti gli altri, e venisse dentro a questo luogo soltanto per una propria scelta, forse soltanto perché sa bene di trovarsi a proprio agio esattamente in un tipo di locale come questo.

Un giorno arriva dal marciapiede assieme ad una donna, fa la coda davanti al bancone come sempre, annuisce a fatica mentre lei gli parla di qualcosa, e infine assieme a questa donna va a sedersi ad un tavolo libero che riesce ad indicarle appena con un cenno. Lei non può essere la moglie o la compagna, è evidente, forse neppure la sorella e neanche una collega di lavoro. Piuttosto una vecchia conoscente quasi dimenticata, che forse l’uomo ha incontrato magari poco lontano lungo la strada che porta fino qua, probabilmente proprio in questa zona, esattamente mentre cercava di raggiungere come sempre questa sua tavola calda, ed appare quasi evidente perfino come non sia riuscito in nessun modo a disimpegnarsi da questa scocciatrice.

Lei sembra a suo agio nel locale, ma nei confronti dell’uomo che le siede di fronte pare quasi che provi un certo impaccio, come si sentisse in soggezione nei suoi confronti. Lui si limita ad ascoltarla, lei parla e ride, magari anche un po’ troppo, lui guarda generalmente dentro al proprio piatto, e quando alza lo sguardo è soltanto per osservare qualcosa di incomprensibile fuori dai vetri. Lei sembra sempre come sul punto di arrossire, magari si sente sbagliata in un luogo come questo, probabilmente è abituata ad altro; o forse semplicemente non le andava neanche a lei di scambiare questo pranzo con una persona come quella che si è ritrovata lì davanti.

Infine vanno via, insieme, nella stessa maniera come erano arrivati, ma a un certo punto, dopo un attimo, lui torna sui suoi passi, rientra nei locali della tavola calda, si guarda attorno come si fosse dimenticato di qualcosa, dell’ombrello, per esempio, oppure del soprabito, ma non è affatto così, e con un gesto improvviso e inaspettato saluta tutti quanti coloro che si trattengono ancora dentro al ristorante, come se tutti quanti fossero davvero ed improvvisamente diventati amici suoi.

Bruno Magnolfi

Amici miei.ultima modifica: 2014-04-02T20:38:14+02:00da magnonove
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