Ritratto mio.

 

Ero entrato quasi di corsa dentro la stanza, e avevo cercato velocemente di osservare tutto quell’ambiente per capire grosso modo in quale zona dell’edificio fossi capitato. Da quanto riuscivo a vedere però, intorno a me praticamente niente sembrava avere la possibilita di aiutarmi: almeno ad una prima occhiata l’arredamento di quel luogo appariva ordinario, come quello di una qualsiasi casa benestante, e gli elementi in giro, pur di una certa raffinatezza, parevano del tutto abituali, sennonché sulla parete principale sembrava come mancasse un quadro: un quadro importante, un grande dipinto, una tela che fino a poco prima sicuramente doveva aver troneggiato al centro di quella vasta sala, un lavoro pittorico rimasto talmente a lungo là appeso per farsi ammirare a fianco del monumentale caminetto, da aver lasciato sul muro bianco, solo un po’ ingrigito dal tempo, la sua esatta forma pulita sopra l’intonaco.

Mi parve strana la scelta di togliere qualcosa da un luogo dove al contrario tutto il resto era stato lasciato perfettamente al proprio posto, così immaginavo un furto da parte di qualcuno che introducendosi là dentro, forse proprio come me, con grande perizia avesse staccato il dipinto dal sostegno per poi portarselo infine chissà dove, magari, per non dare troppo nell’occhio, fingendosi un fattorino oppure un operatore dei traslochi. Più mi guardavo in giro in quell’ambiente quasi familiare e più mi pareva mancasse profondamente quel quadro, quasi come se tutta la stanza fosse stata arredata soltanto in funzione di quello, e cosi ne immaginavo una cornice dorata, assolutamente importante, ed in mezzo il ritratto di qualcuno di cui restare senz’altro impressionati: una figura della quale doversi ricordare quasi per forza, una persona famosa, certamente, un insigne, un vero personaggio di cui conservare esatta memoria sia del volto che dei lineamenti.

Riuscivo quasi ad immaginare una gran faccia seria, un’espressione magari leggermente appesantita dalle preoccupazioni, forse una persona raffigurata quasi anziana, che in mezzo al suo daffare di vita attiva si era lasciata immortalare da un pittore probabilmente molto noto, un ritrattista famoso, sicuramente tra i più in auge in quel momento. Se ci pensavo bene pareva mi osservasse quel signore, posasse quel suo sguardo inquietante dal centro vuoto del muro proprio su di me, io che ero lì quasi per sbaglio, come se fosse una colpa precisa essere arrivati in quel luogo proprio mentre lui non c’era. Ne sentivo la presenza grave, il silenzioso rimprovero per quella mia sgarbata intromissione, quasi un giudizio senza appello, ma nonostante il quadro non esistesse neanche più in quel suo posto dove aveva troneggiato chissà per quanti anni, non riuscivo a sentirmi a mio agio in nessun modo.

Indietreggiavo lentamente, come cercando di non dare mai le spalle a quel ritratto o al suo fantasma, e sfiorando la parete di fronte, andavo infine ad appoggiare la mano sulla maniglia della porta. La sentivo debole, arrendevole, e in un attimo mi appariva la porta spalancata, senza che ne fossi stato io l’autore. Due facchini allargavano le ante quanto più potevano e lasciavano introdurre un quadro ben coperto. Naturalmente chiedevano scusa per la loro operazione, e infine innalzavano una tela incorniciata e andavano a riappenderla esattamente dove questa era mancante, in quel vuoto che mi aveva quasi fatto venire i brividi, lasciandomi osservare con nettezza che si trattava semplicemente di un paesaggio. 

 

Bruno Magnolfi

Ritratto mio.ultima modifica: 2013-10-30T21:24:00+01:00da magnonove
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