Mestieri fondamentali.

 

Sto bene, è del tutto inutile che continuiate a puntarmi le lampadine dentro agli occhi, penso; a porvi degli interrogativi strani, anche, e a farmi delle domande in merito alle quali vorrei soltanto ridere, se non fosse per questa imposizione al silenzio che ho adottato già da un po’ di tempo; e per quanto riguarda il vostro scansarvi per parlottare sottovoce tra di voi, quasi complottando, come se non capissi che siete incapaci di spiegarvi i miei comportamenti, la mia personalità, il mio modo di essere, sappiate che mi fate solo pena. Il fatto di cui soprattutto io non vi spiegherò mai niente, nonostante tutti i vostri sforzi, è che da quando ho trovato per terra questo grosso chiodo con la punta acuminata e che persino adesso, mentre sono qui davanti a voi, tengo nella tasca, le mie giornate si sono fatte del tutto diverse, senz’altro più importanti, dense di cose che voi non capireste mai, ma di cui io assolutamente devo tenere conto.

Vedete, continuo a pensare seduto su questa vostra sedia di plastica e alluminio, io salgo sull’autobus ogni giorno e mi piazzo subito in piedi accanto alla porta a soffietto da cui si scende, come avessi già da subito una fretta boia di andarmene. I passeggeri scorrono, cercano con le mani gli appigli e i pali a cui sorreggersi, infine si guardano attorno, centellinano le fermate del mezzo pubblico nell’attesa che giunga il loro turno, ad ogni sosta passando sempre un po’ più avanti, proprio verso me, che resto fermo, con naturalezza. Io fingo indifferenza, guardo in basso, praticamente non mi interesso quasi di niente, tantomeno di questa gente, ma è proprio quando il mezzo pubblico si ferma e loro mettono il piede sul gradino per andarsene, che dalla tasca della giacca, dove ho praticato un buco adatto all’uso, lascio uscire appena un po’ del mio chiodo, e nella confusione punzecchio in questo modo i fianchi di alcuni tra i personaggi che mi passano vicino, salvando qualcuno magari più anziano o dall’aspetto più indifeso, ma soltanto perché mi infonde una gran pena, proprio come quella che provo adesso nei vostri confronti.

Li incoraggio a correre, quelli che pungo, a gettarsi nella mischia, ad andare avanti nelle loro cose, come se il mio sperone di ferro fosse soltanto l’anello mancante alla loro catena di impegni e di faccende da affrontare. Fanno una smorfia, appena raggiungono il marciapiede, è chiaro, e allora si voltano, mi guardano con occhi sgranati, ma ormai la porta a soffietto si richiude sulle loro facce, e il mio autobus scivola via in un attimo, senza indugi, proseguendo come sempre il suo percorso. Potrebbero giungere perfino a ringraziarmi, penso, se solo riuscissero a comprendere quanto sia importante quel mio gesto, questo mio infondere loro lo spunto che, so perfettamente, manca quasi a tutti. Devi gettarti in avanti, penso per tutti loro; vai diritto senza voltarti, corri, affronta così la tua giornata.

Io non mi guardo attorno, tengo la mano attorno alla ruggine granulosa del mio chiodo, e mi sento bene, utile a tutti, convinto che molte delle cose già in programma da parte di queste persone non potrebbero neppure accadere se non ci fosse il mio pungolo a rendere tutto quanto più urgente, impellente, fondamentale. Lo so che prima o poi qualcuno riconoscendomi dovrà per forza dirmi grazie, va da sé che il mio è un compito importante, sarà riconosciuto prima o dopo, certe volte mi pare quasi di riuscire a far girare in tempo e nella maniera giusta tutta la città, ma io mi accollo questo compito soltanto perché a far questo mi diverto, non ci sono proprio altri motivi. Non capireste mai tutto questo, lo so per certo, ed è anche il motivo per cui non dico nulla, che tengo per me questo segreto. Voi continuate pure a fare il vostro mestiere, penso con un sorriso: io continuo a fare il mio.

 

Bruno Magnolfi

 

 

 

 

 

Mestieri fondamentali.ultima modifica: 2013-10-21T21:19:16+02:00da magnonove
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