Chiusura del periodo.

 

I ragazzi se n’erano ormai andati, oscillando senza fretta a gruppi di due o di tre: praticamente non avevano avuto più niente da dirsi, e in fondo anche quel poco che era stato tirato fuori durante quell’incontro appena terminato, era parso pieno zeppo di interrogativi e basta. Avrebbero dovuto ripensare tutto quanto ognuno per proprio conto, questo era il punto, fino a comprendere bene che cosa avessero mai nascosto quelle parole usate da qualcuno, probabilmente troppo critiche verso qualsiasi cosa fosse stata anche solo pensata, ma forse proprio per questo cariche di verità, come se attorno a chi le aveva pronunciate ormai non ci fosse più niente di buono, soltanto recriminazioni, bisogno di rivalsa, volontà quasi di violenza rispetto a quelli più inerti o debolmente in disaccordo. In due avevano timidamente cercato di argomentare alla meglio attorno a qualche idea o progetto più sensato per il futuro di tutti, ma i loro discorsi generici e poco convincenti erano praticamente caduti nel vuoto. Uno più sincero aveva detto che era stufo di tutto, avrebbe mollato, non si sentiva più dei loro, ma gli era scappato quasi da ridere mentre parlava con intensità, e gli altri chiaramente lo avevano fischiato. Nessuno aveva voglia di condividere opinioni personali così come erano sortite durante la serata, però erano in molti quelli che si sentivano semplicemente in grado, dentro ad un luogo ormai colmo solo di tenebre come quello, di brancolare come ciechi.

Non avevano neppure parlato del loro prossimo incontro, come se tutto fosse praticamente lasciato al caso, forse alla buona volontà di qualcuno, anche se non era proprio sembrato che ce ne fosse ancora. Uscendo Adriano aveva lasciato andare nell’aria a voce alta una frase piuttosto forte, quasi offensiva nei  confronti di tutti, e gli altri se n’erano piuttosto risentiti, anche se in modo pacato. Carlo al contrario lo aveva seguito in silenzio, aveva lasciato che si allontanasse lungo la strada buia di fronte alla saletta dove il gruppo si era incontrato, e ad un certo punto aveva chiamato Adriano con voce imperiosa, da dietro, quasi come per intimidirlo. Lui si era girato, aveva osservato Carlo inizialmente con indifferenza, cercando tra le proprie idee una spiegazione che giustificasse quei modi poco consueti. Aveva lasciato che l’altro gli si avvicinasse, poi aveva chiesto a viso aperto cosa volesse veramente. Lui aveva detto qualcosa senza grande convinzione, l’altro aveva emesso una sbuffo di insofferenza. Poi si era generato il silenzio, un silenzio forte, quasi inaspettato. Ambedue erano fermi, parevano misurarsi, elaboravano ognuno su due piedi strategie non convenzionali, e misuravano pensieri e parole da dire senza però affrettarsi a pronunciarle, quasi quella fosse come un’attività improvvisamente inutile.

Scoppiarono a ridere, ad un certo punto, forse proprio perché oramai i loro comportamenti avevano assunto un aspetto pressoché ridicolo, ma in ogni caso anche  perché il loro modo di fare sembrava adesso quasi dettato da una tregua armata. Poi Adriano indietreggiò di un passo, e anche Carlo fece lo stesso, e alla fine si allontanarono lentamente da quel luogo, ma quasi con la voglia di ridere a squarciagola, forse per la tensione che andava via via stemprandosi, o forse per quel senso di ridicolo che improvvisamente appariva chiaro a tutt’e due. Poi la strada ripiombò nel suo silenzio naturale per quell’ora, e tutti forse ebbero chiaro nella mente che qualcosa si era definitivamente chiuso. 

 

Bruno Magnolfi

Chiusura del periodo.ultima modifica: 2013-10-08T21:16:19+02:00da magnonove
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