Autoritratto n. 2.

     

            Ultimamente aveva avuto l’impressione che molte persone lo evitassero. Non in maniera scoperta, tipo conoscenti che si giravano dalla parte opposta per non salutarlo o cose del genere. Però gli era parso più di una volta che camminando per strada, per esempio, la gente si scansasse leggermente al suo passaggio; oppure, quando certe volte era entrato in un bar, spesso gli era successo di ritrovarsi da solo con i gomiti appoggiati al bancone.

            Non c’è niente di male, aveva pensato forse in modo vagamente consolatorio: ognuno deve avere la possibilità di fare le proprie scelte, ed anche se queste sono in apparenza a mio sfavore, ciò non significa che non vadano pienamente accolte e rispettate. Difficile era stabilire quali fossero le cause di un comportamento del genere nei suoi confronti da parte degli altri. Si era lavato e cambiato d’abito con maggiore frequenza, aveva usato una maggiore cura nel radersi la barba e nel pettinarsi i capelli, ma le cose, pur insistendo alla ricerca di un motivo valido, non erano affatto cambiate, anzi, erano addirittura sembrate poco per volta intensificarsi.

            Così, con imbarazzo, ne aveva chiesto il parere a qualcuno con cui intratteneva conoscenza profonda e una certa intimità, ma non ne era venuto fuori niente di particolare. Perciò aveva iniziato ogni giorno da solo a guardarsi a fondo nel suo specchio di casa, quasi alla ricerca di qualcosa sulla sua faccia che contribuisse al comportamento di tutti nei suoi confronti. Con una forte luce che illuminava i dettagli, aveva visto le piccole rughe che solcano il collo e le guance, le occhiaie di stanchezza attorno agli occhi, i piccoli capillari rossi che si facevano vedere sotto la pelle, qua e là.

            Intensificando l’analisi attenta di ogni dettaglio, alla ricerca di chissà che cosa, poco alla volta gli era parso che la sua faccia e l’espressione completa di tutto il suo viso, fosse qualcosa su cui non aveva mai prestato molta attenzione, tanto da apparirgli in certi casi un po’ estranea, quasi appartenente ad altra persona. Il colore dei suoi occhi, per esempio, osservandolo con attenzione, era senz’altro diverso da quello che aveva sempre creduto, e le forme del suo naso e della sua bocca, presi come dettagli, erano differenti rispetto ad una considerazione superficiale e d’insieme.

            Si decise a riportare su un foglio tutti i dettagli che riusciva a cavare dalle sue esplorazioni, ed usando una matita per il disegno, nel giro di alcuni giorni era riuscito a cavare un’immagine piuttosto somigliante a quella che vedeva dentro lo specchio. Fu soltanto dopo un’altra settimana che confrontando di nuovo il disegno con la sua faccia, sia accorse che alcune cose, in quel poco tempo, erano come cambiate, così dovette impegnarsi in un nuovo bozzetto, fino a scoprire che il primo era senz’altro diverso dal secondo. In seguito quindi si era impegnato in altri disegni particolareggiati, giungendo a risultati sempre diversi, fino a quando, stufo di quei prodotti, cessò ogni tipo di attività, coprì lo specchio con un foglio di carta, e smise di passare le ore a guardare il suo viso.

            Fu esattamente nello stesso periodo che si ritrovò ad entrare dentro un negozio, essere salutato da una persona che non conosceva o di cui non aveva ricordo, e di aver dovuto scambiare con quella molti sorrisi di apprezzamento, fino a chiedere a voce alta, ad un certo punto, il motivo di questo comportamento: be’, aveva detto l’altro con espressione sincera; una faccia come la sua non la si scorda con facilità.

 

            Bruno Magnolfi

             

Autoritratto n. 2.ultima modifica: 2013-03-09T21:44:37+01:00da magnonove
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