Ricostruzione di un ricordo.

            

            Tengo le mani dentro le tasche, ti guardo, o meglio, è come se ti guardassi, mentre resto voltato di fianco, e intanto rifletto su cosa sia questo disagio che provo. Intorno a noi tutto è uguale, non sembra sia cambiata neppure la nostra espressione di sfida, quando restiamo in silenzio a studiarci, cercando il punto più debole in cui affondare le piccole cattiverie di sempre. Mi giro, dico in un soffio che forse è l’ora di andare, tu non rispondi, forse ti perdi in fondo alla stanza che pare allungarsi e rendere enorme la distanza che da tanto tempo ci sta separando, senza che ce lo siamo mai detto. Qualcosa oscilla, come l’aria surriscaldata da una gran fiamma.

            Vorrei sdraiarmi, penso; sdraiarmi da solo in un letto qualsiasi, immaginando attorno a me la notte di questa città buia ed estranea, chiuso in un bozzolo composto di soli pensieri scollegati tra loro: qualcosa è cambiato dentro di me, non mi rendo conto di cosa, non riesco neppure a capire per quale motivo questo possa accadere. Tu ti avvicini, mi sfiori, apri la porta, siamo pronti, possiamo procedere. Ti guardo un momento, una perplessità mi attraversa la mente, aspetta, ti dico, poi torno indietro, rientro dentro la stanza, cerco qualcosa che sono sicuro di dimenticare. Non importa, dico, ho tutto con me, mi basta questo sapore di niente.

            Infine siamo fuori, e le persone, la strada, le facciate di queste case, senza alcuna caratteristica, formano lo sfondo di un pensiero che non riesce a formarsi compiutamente. Cerco con gli occhi qualcosa che non riconosco, e alla fine trovo soltanto le cose di sempre, eccettuato i miei passi che sembrano farsi flemmatici, quasi indecisi. Tu dici: muoviamoci, non è il caso di perdere ancora del tempo, ed io non so quale tempo stiamo cercando di recuperare, visto che tutto si è dilatato, ogni attimo sta diventando il contenitore di tanti altri attimi, come se non ci fosse altro da fare che scegliere cosa vogliamo cercare.

            Rallenti, attendi che io ti raggiunga, ti volti verso di me e mi costringi a guardarti: ecco, d’improvviso ti vedo con gli occhi di qualche altra volta che non mi rammento, ma ti riconosco, so che è quella l’esatta espressione che cercavo da qualche parte dentro di me, e mi viene da sorridere, perché non saprei come spiegarti la sensazione che provo. E’ come se tutto adesso si raddensasse in un attimo, come se un semplice gesto rispondesse da solo di tante altre cose, ne rappresentasse il compendio: una sciocchezza qualsiasi che parlasse per ore di qualcosa che non abbiamo perduto, anzi, è qui, lo sento, e non vorrei che fuggisse mai più, anche se sono cosciente che la realtà sarà un’altra. Riprendiamo a camminare vicini, forse non ha neppure importanza il luogo verso cui siamo diretti, importante è che tratteniamo il più a lungo possibile almeno qualcosa di noi, un piccolo segno preciso che definisca un’intesa.

            Non dico niente, le parole non servono, ascolto i rumori di questa città in movimento che a volte ci lascia impauriti di quanto possiamo incontrare. Tu adesso guardi avanti, sembri non curarti di niente, neppure di me: eppure so per certo che abbiamo condiviso lo stesso pensiero, un’unica riflessione come una dolce carezza, un medesimo lontano ricordo, che forse è l’unica cosa che ancora abbia un senso.     

            Bruno Magnolfi

            

Ricostruzione di un ricordo.ultima modifica: 2012-02-02T21:00:34+01:00da magnonove
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