La solitudine dello scrittore.

Quando chiudo gli occhi una luce mi illumina i pensieri, e la mia mente inizia ad inseguire volti, figure, immagini di altrettante persone che non so chi siano, non ho mai conosciuto, ma che per qualche motivo trattengo da lungo tempo dentro di me, e loro tornano ogni volta a farsi vedere, a compiere gli stessi gesti, a riempire il mio campo visivo. Questa gente mi guarda, mi scruta, qualcuno tra tutti gli altri mi viene più vicino, dice qualcosa, anche se sottovoce, usando parole per me incomprensibili, come se parlasse una lingua sconosciuta, e gesticolando in modo misterioso.

E’ come se la scena si ripetesse ogni volta, sempre la stessa, io abbasso le palpebre e i miei occhi lentamente si girano al contrario, andando a guardare dentro di me, iniziando subito a vedere tutte quelle persone che restano lì, in piedi, senza fare niente, solo aspettando il momento quando io torno tra loro. Ho tenuto il mio segreto per tanto tempo, non volevo si dicessero cose strampalate su di me, così evitavo le persone, mi chiudevo dentro al mio segreto, evitando qualsiasi contatto, anche qua dentro, in questa clinica psichiatrica.

C’è un medico, apparentemente uno come gli altri medici che girano in questa palazzina, difatti non lo avevo mai notato in precedenza, ma può anche darsi che sia arrivato solo ultimamente: lui si piazza lì e mi guarda, certe volte mi pare assomigli a qualcuno di quelli che vedo solo io. Anche lui dice qualcosa sottovoce, con parole incomprensibili, proprio come quelli che vedo solo io, così mi è sembrato di capire che quel medico faccia parte della schiera di persone che sta dentro di me, o che in qualche modo abbia qualcosa a che fare con tutti loro.

L’ho evitato, per un po’ di tempo, come faccio sempre con chiunque; poi l’ho fermato con un gesto della mano, proprio davanti a me, quasi sui miei piedi: l’ho guardato, e anche lui ha fatto la stessa cosa, senza dire niente, e alla fine io ho chiuso le palpebre ed ho sentito gli occhi che si giravano dentro di me. Poi non so che cosa sia successo, ma quando ho guardato i visi delle persone che come sempre stavano davanti a me, ho visto che c’era anche lui insieme agli altri, c’era anche il dottore. Mi hanno legato al letto con delle fasce, mi hanno costretto a restare qui, sdraiato, senza poter fare più alcun gesto, qualcuno ha detto che potrei farmi del male, e nel trambusto di tutto quello che è accaduto ho visto che c’era anche lui, quel dottorino nuovo che conosce il mio segreto: ci siamo fatti un gesto, quando ci siamo guardati, appena un battito di ciglia, un’inezia impercettibile, quasi per dire, ma cosa importa tutto questo, ci vediamo dopo, insieme agli altri, dall’altra parte.

Bruno Magnolfi

La solitudine dello scrittore.ultima modifica: 2010-12-30T21:31:04+01:00da magnonove
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