L’importanza di uscire da casa

Pensavo qualcosa, soltanto un momento fa. Poi nella stanza è entrata Elisabetta, ed è parso tutto fuggire attraverso la finestra. “Lamberto, vorrei che tu fossi più presente, certe volte; invece ti piazzi lì, da una parte, e non si riesce più a capire dove tu sia davvero con la testa…”. “Sono qui, non preoccuparti”, dico io, e intanto penso che dovrei trovare qualcosa di cui occuparmi quando sono a casa, almeno per farmi vedere più impegnato ed evitare queste domande uggiose di mia moglie.

Chissà perché mi guarda ultimamente in quel suo modo strano, rifletto tra me, forse sospetta qualcosa, o magari pensa solo che abbia acquistato quella borsa che abbiamo visto nel negozio l’ultima volta che siamo usciti assieme. Poi dico: “Lamberto, ma non dovevi uscire?”, tanto per costringerlo a dire qualcosa, a scoprire almeno qualcuno dei suoi pensieri. “Si, è vero”, dice lui, “ma adesso non ne ho più voglia, però se ti manca qualcosa vado volentieri ad acquistarlo…”.

“Si”, dico io, “serve del pane per la cena; se arrivi fino al forno te ne sarei grata…”. E’ solo una scusa, evidentemente. Adesso mi è venuta una gran voglia di fare una telefonata a Piero, ho bisogno di sentirlo, anche solo per un attimo. Sento la necessità sempre più forte della sua comprensione, dei suoi modi gentili con cui riesce a calmarmi, a farmi sentire importante.

“D’accordo”, le rispondo; prendo la giacca e raggiungo la porta del nostro appartamento; penso che una boccata d’aria in fondo non mi farà poi male, il clima in questa casa è sempre più pesante, dovrei pensare di più a svagarmi, qualche volta. Apro il portoncino, ma invece di uscire lo richiudo, ricordandomi che in tasca non ho soldi. Passa solo un minuto mentre cerco nell’ingresso il mio portamonete, e intanto sento Elisabetta che parla con qualcuno al telefono.

“Certe volte non ce la faccio più…”, dico a Piero che ha subito sentito la mia voce preoccupata. “Non riesco a sopportare quel suo sguardo indagatore, come se godesse nel torturarmi solo con gli occhi. E poi non esce quasi mai, sembra che si piazzi in casa solo per carpire i miei segreti. Anche adesso, per telefonarti, ho dovuto inventarmi qualcosa giusto per farlo allontanare…”, dico con voce quasi implorante, per accertarmi che Piero mi voglia veramente bene e comprenda il mio disagio.

Resto perplesso, ma solo per qualche secondo. Ecco che cos’era che non riuscivo del tutto a capire da un po’ di tempo a questa parte. Rimango in silenzio nell’ingresso e riesco a dare un volto alla persona che sta all’altro apparecchio: il suo collega di lavoro; adesso è chiaro, è fin troppo evidente. Trovo finalmente il portafoglio, apro senza far alcun rumore la porta del nostro appartamento e la richiudo appena uscito con la medesima cautela: tutto sopporterei, meno che Elisabetta mi facesse una delle sue scenate per aver ascoltato la sua telefonata; farò un giretto attorno all’isolato, penso con convinzione, in fondo è per questo che sto uscendo.

Bruno Magnolfi

L’importanza di uscire da casaultima modifica: 2010-07-29T20:41:40+02:00da magnonove
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