La lampada per romanzi gialli

Lo scrittore di gialli lavorava da mesi su un progetto che continuava però a reputare ancora troppo confuso e poco consistente, come se non riuscisse a definire con chiarezza le vicende che fin dagli inizi aveva immaginato. Continuava però a fare delle descrizioni molto articolate della realtà circostante i personaggi della sua storia, quasi che la sua sensibilità si elevasse al di sopra di quella dei suoi lettori, entrando spesso in dei particolari talmente sottili e ricercati che lui stesso certe volte non capiva dove riuscisse a trovarli. Spesso aveva pensato che il suo modo di scrivere fosse superiore alla tipologia di libri che si era ritrovato a pubblicare, però era ben conscio che non sarebbe mai riuscito a guadagnare qualcosa con la sua produzione se non con quella collana di romanzi gialli. Era un compromesso che aveva dovuto accettare, il mercato in fondo contava più di ogni altra cosa.

Sua moglie dall’altra stanza lo aveva chiamato con la sua voce acuta e cantilenante, ma lui non aveva risposto, attendeva sempre qualcosa di maggiormente importante per interrompere i suoi pensieri e il suo lavoro. Poi decise che doveva far svagare la mente, così si alzò con fatica dallo scrittoio e raggiunse la moglie, ma soltanto per dirle: lo sai che non mi va di essere disturbato quando cerco di scrivere. Lo so, rispose lei, con una leggera porzione di ironia nella voce forse neppure voluta, però è tutta la mattina che te ne stai chiuso dentro la stanza, avrai pur bisogno di svagarti un pochino. A lui venne in mente che il suo personaggio avrebbe potuto con naturalezza strangolare la moglie, anche per futili motivi, probabilmente sui suoi lettori ciò avrebbe avuto una presa sicura.

Poi lui disse: nel pomeriggio quasi sicuramente dovrò uscire, se ti va puoi venire con me. Certo, rispose la donna, dobbiamo anche passare a ritirare la lampada, quella a cui tu tieni tanto, te ne sei forse dimenticato? Hai ragione, rispose lui un po’ perplesso, me lo ero proprio scordato, ma questo rinnova il piacere di avere di nuovo e finalmente quell’oggetto con me. Era una vecchia e preziosa lampada in ottone da tavolo ereditata dai nonni, quella che aveva portato a riparare, un oggetto che lo scrittore di gialli sosteneva funzionasse da fonte d’ispirazione solo stando accesa sul suo piano dello scrittoio. Riaverla riparata e funzionante dopo mesi, da quando era caduta rompendosi, per lui era una bellissima notizia.

Forse era proprio quello che mancava alla sua nuova storia che stava scrivendo, per poter essere convincente davvero, così si sentì senz’altro contento di quella notizia. Poi rimase per un attimo come soprappensiero, tornò senza dir niente nella sua stanza e si sedette di nuovo al piano dello scrittoio. Immaginò di avere già la sua lampada sopra al tavolo, quella bella lampada dei nonni, e solo questo pensiero parve dargli una spinta. Scrisse velocemente: – Non esisteva un vero motivo per uccidere la moglie, forse la noia, o i piccoli fastidi giornalieri apparentemente poco importanti, la mancanza di un oggetto caro, ad esempio, come un ingrediente della vita per cui è possibile alle volte perdere il senno, diventare intolleranti verso ogni cosa, forse anche alla vita stessa. –

Poi si sentì bene, come se tutto il resto del suo libro in divenire potesse girare attorno a quella semplice frase. Chiuse il quaderno e ripose tutti i suoi fogli come fosse arrivato a qualcosa di concluso; infine rimase lì, vuoto, senza riuscire più a fare niente.

Bruno Magnolfi

La lampada per romanzi gialliultima modifica: 2010-07-25T18:42:51+02:00da magnonove
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