La terraferma specchiata sulla nave

Alla sera la nave petroliera stava ancora lì, quasi sulla linea dell’orizzonte, ferma nel mare, ormeggiata nell’attesa di chissà che cosa. Le luci sul ponte brillavano debolmente, lasciando immaginare qualche marinaio in coperta, con gli avambracci appoggiati sulla paratia, a parlare di donne e a fumarsi una sigaretta nella debole brezza della notte. Vista con quegli occhi, la terraferma era soltanto un profilo scuro e ondulato zeppo di grappoli di luci, sotto alle quali la gente passeggiava, godendosi il fresco e la serata. C’era tutto laggiù, in quella parte di mondo, e dalla distanza del braccio di mare che separava loro dalla terraferma, tutto appariva più semplice, più leggero, colmo di propositi a cui attendere, una volta sbarcati da quella nave puzzolente e oleosa, lentissima quando navigava a pieno carico. Eppure in quella lentezza si erano misurate tante volte le incommensurabili distanze, e così come si arrivava prima o poi ai terminal petroliferi di enormi raffinerie incendiate di apparente progresso e di lavoro, ugualmente per ciascun marinaio dallo stomaco robusto, ci doveva essere un futuro da qualche parte, un progetto giusto quanto un sogno, per chi aveva resistito per stagioni infinite nell’affrontare qualsiasi mareggiata, senza mai troppo scomporsi. Passò la notte, così, con la prua allungata in faccia al vento, e la mattina dopo la nave petroliera aveva salpato, e non c’era più in quell’angolo di mare.

Bruno Magnolfi

La terraferma specchiata sulla naveultima modifica: 2010-06-13T21:47:30+02:00da magnonove
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