Sostituto degli ideali

C’erano state delle volte in cui essersi detti la verità non aveva portato niente di buono. Così all’incontro seguente ci eravamo guardati bene dal dirci qualcosa di personale e dal confidarci delle opinioni che non fossero meramente generiche. Soprattutto c’era sempre il sospetto di aver detto qualcosa di inadeguato, oppure di mostrare una sensibilità diversa da quella degli altri. La cosa migliore era annuire moderatamente, essere consenzienti quando tutti lo erano, e sorridere soltanto appena un attimo dopo gli altri.

Quelle riunioni però erano importanti, fortificare lo spirito di noi cittadini della vallata nei confronti del paese di fronte, appollaiato là sopra quella montagna che pareva in qualche modo sovrastare il nostro delizioso centro urbano, era importante, continuavamo a ripetercelo fino alla nausea. Da quando avevamo iniziato a vederci le cose erano progredite: si erano stabiliti sempre meno incontri tra noi della vallata e quegli altri della montagna, sempre di più ognuno aveva costituito una propria identità, persone da frequentare, locali dove ritrovarsi e cose del genere. Non c’era niente di male, se ognuno se ne stava a casa propria non si ponevano problemi.

Poi tutto d’improvviso franò quando il nostro presidente, un bel ragazzo di vent’anni valligiano come noi, colui che aveva costruito dal niente tutto quel nostro movimento, ci confidò che si era innamorato di una ragazza della montagna. Lo disse a tutti come la cosa più naturale del mondo: ci fu il silenzio in quell’attimo, il senso di una grave battuta d’arresto. A niente servirono le sue scuse e la sua profonda vergogna: fu cacciato in malo modo durante quella stessa riunione terribile e subito proposto un suo sostituto.

Bruno Magnolfi

Sostituto degli idealiultima modifica: 2010-05-31T22:06:09+02:00da magnonove
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Un pensiero su “Sostituto degli ideali

  1. Il tema del racconto mi riporta al tema de dissenso, del conflitto, un tema antico, ma sempre attuale. Dissensi fra partiti di governo e dissensi all’interno di ciascun partito sotto forma di correnti. Infine dissensi all’interno della stessa corrente. E questo processo continua fino a livello della famiglia, di un ufficio formato da pochissime persone, che pure riescono a dividersi e a dir male l’una dell’altra…Più in generale possiamo dire che qualsiasi entità sociale ha al suo interno una separazione e una contrapposizione. E, quando una delle due parti prevale, si divide a sua volta. E’ come se le società umane potessero esistere solo in forma divisa e conflittuale. La divisione e il conflitto non impediscono necessariamente la durata e l’espansione della società
    Esistono però anche casi in cui le divisioni indeboliscono e portano alla sconfitta. Gli studiosi delle rivoluzioni hanno dimostrato che queste avvengono solo quando la classe dominante è divisa e una parte di essa fa causa comune con i rivoluzionari. Molti Paesi non si sono mai unificati e sono rimasti deboli a causa delle continue lotte interne.
    Altre volte le divisioni hanno portato un Paese prospero alla miseria. Come è successo all’Italia del Rinascimento quando ogni staterello ha chiamato in suo aiuto degli stranieri e, in poco tempo, l’intero Paese è stato occupato. Quand’è che le divisioni hanno un effetto devastante e quando no? Non l’hanno solo quando, al di là dei conflitti, esiste una unione, una solidarietà di fondo, una fede in se stessi per cui, se il Paese è minacciato, le fazioni si ricompattano e fanno un fronte unico. Occorre che la fede nel proprio Paese e nel proprio compito sia diffusa, radicata in tutti gli strati del popolo. Se operano queste convinzioni, le divisioni non indeboliscono, ma arricchiscono la vita sociale, diversamente producono debolezza e rovina.

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