Il valore di niente

Probabilmente sarebbe stato facile disinteressarsi del problema che si era manifestato quella mattina in ufficio. Una lavata di capo da parte del nostro dirigente ai danni di una collega, una ragazza giovane, con poca esperienza, un’impiegata come tante, quasi anonima. Lei aveva annuito, gli occhi bassi, in piedi davanti alla scrivania del suo superiore. L’ufficio del capo, in fondo a quel lungo corridoio, era aperto, gli altri colleghi non potevano fare a meno di rendersi conto di ciò che stava accadendo. La ragazza ne conveniva, sicuramente aveva commesso una sbaglio, ma era naturale, sarebbe potuto capitare a chiunque, si trattava di poco più di una cosa sciocca, ciò nonostante pareva si volesse infierire sulla sua debolezza in maniera superiore a ciò che sarebbe stato adeguato. Qualcuno tra sé già pensava che i tempi erano proprio cambiati, non era più possibile sentirsi tranquilli, lavorare con calma e serenità senza ricordarsi ad ogni istante che quella multinazionale era in declino, i posti di lavoro erano a rischio, i dirigenti scattavano al minimo sentore di un imprevisto. Si prendeva un impiegato qualsiasi e con poco se ne faceva un caso negativo, a dimostrazione che là dentro c’era bisogno d’impegno, di attenzione, di dedizione completa al lavoro. Così si isolavano le persone, ognuno pensava allo stipendio, ai propri incarichi, a non pestare i piedi a nessuno e a non mostrarsi inadeguato, lo capivano tutti. La ragazza dopo un po’ aveva rialzato la testa, era uscita lentamente dall’ufficio del capo, forse pensando qualcosa, probabilmente era cosciente che nella prossima lista di mobilità sarebbe stata inserita anche lei. Lungo il corridoio però si era fermata, forse si era riscossa da quel forte senso di negativo che aveva appena ricevuto: si era voltata, era tornata dentro l’ufficio del dirigente, restando però sulla porta, e aveva detto a voce alta, in modo che tutti riuscissero a sentire le sue parole: “Siamo tutti fantocci di stoffa, signor capoufficio; ci facciamo la guerra cercando di metterci in buona luce gli uni contro gli altri. Crediamo che in tempi brevi questo ci dia la possibilità di mantenere quello che abbiamo, da buoni borghesi con un certo tenore di vita, e non sentiamo neppure più la vergogna nel far finta di niente o nel mostrare di non aver capito che le cose peggioreranno per tutti. Abbiamo perso il valore principale, la solidarietà che ci faceva sentire una squadra, un insieme, un gruppo di lavoro pronto a sacrificarsi per il bene di tutti. Adesso nessuno fa nulla più di quello che gli viene assegnato di fare, ognuno persegue i compiti della propria mansione, e questo è già un danno per le nostre attività di lavoro e forse per l’impresa stessa, ma così noi siamo isolati, ognuno da sé, siamo cioè vulnerabili, divisi, nessuno mai sosterrà le ragioni di un altro, e questo conviene a chi ci dirige”. Gli impiegati di tutto quel piano avevano smesso qualsiasi attività per cercare di ascoltare, ognuno sentiva lo schiaffo realistico di quelle parole, ma ancora era impossibile prendere qualsiasi posizione. “Non è colpa sua, signor capoufficio”, proseguiva così la ragazza; “Ma tutti insieme abbiamo lasciato che il nostro lavoro, le attività che svolgiamo ogni giorno, siano diventate oggetto di interesse solo per l’economia che sostengono. Non ci sono più le emozioni, il lavoro ormai è composto soltanto dalla materia nuda da cui è stato formato. Non c’è valore in questo, nessun valore, tutto è schiacciato ad aridi ruoli”. Qualcuno iniziò un debole applauso, poi qualcun altro si ricordò che ultimamente anche ai funerali ormai era in uso applaudire, così si ricompose il silenzio. Bruno Magnolfi

Il valore di nienteultima modifica: 2010-05-29T20:06:04+02:00da magnonove
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2 pensieri su “Il valore di niente

  1. capisco bene questa situazione….penso a come molti di noi siano stati privati della passione per il lavoro, calpestati e schiacciati verso il basso da sistemi aziendali nei quali la persona conta zero.
    Toccante il finale di questo racconto..qualcuno inizia un debole applauso e poi più nulla. Tutto torna come prima. A dimostrazione del fatto che tutti subiamo silenziosamente..Fino a quando?

  2. Non cambieremo nulla sino a quando saremo qui a sciverci che comprendiamo, e che concordiamo, e intanto serbiamo per noi la paura che il nostro”capo ufficio” ci possa convocare per presentarci l’ennesima lettera di “licenziamento volontario”! Fino a quando ci limiteremo ad applaudire i colleghi che osano ribellarsi al sistema, a limitarci a dire mi dispiace, capisco..ecc. non cambierà un bel niente, ci vuole un impegno individuale serio e attivo! A che serve delegare altri a ricercare azioni di contrasto verso il degrado delle democrazie sociali? Dov’è finita la nostra coscenza di classe? Questo becero e retrivo sistema politico ci vuole, divisi e impauriti: fantocci di carta, esattamente come quei poveri impiegati! della storia

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