La propria convinta solitudine

Il signor Bonelli dalla sua finestra osservava immobile e in silenzio il traffico lungo la strada cittadina davanti casa sua. Poteva passare per combinazione qualcuno che conosceva, e lui sarebbe stato pronto a salutarlo; altri avrebbero potuto fargli un cenno dalla strada per raggiungerli, per invitarlo a prendersi un caffè nel locale all’angolo, e lui li avrebbe seguiti volentieri. Ma al momento rimaneva lì, come spesso faceva, e non scorgeva nessuno che avesse visto almeno un’altra volta, solo poca gente che se ne andava tranquillamente per i fatti propri.

Non c’era niente che lo trattenesse in casa, al signor Bonelli, lui lo sapeva, ne era cosciente, ma non riusciva a trovare neppure un buon motivo per uscire; così restava dentro la sua stanza, ad osservare lo scorrere di persone ignote fuori dai vetri, covando il desiderio di essere con gli altri, lungo il marciapiede, incapace però di raggiungerli senza un motivo. Ed era inutile lo sprofondarsi dentro ai propri pensieri, certe volte lo faceva, ma era una posa, un mostrarsi occupato significativamente. In realtà si sentiva racchiuso in uno stallo tra due elementi contrapposti, come spesso gli era capitato: impossibilitato a decidersi ad uscire, però sofferente di non poterlo fare. Non riusciva neppure a spiegarlo a se stesso, ma quell’indecisione che spesso si manifestava, secondo lui, era un problema per tutti, il male maggiore del mondo.

Nel modo di pensare del signor Bonelli tutto restava sospeso alla ricerca di una scelta che non c’era, non era realistica, che torturava chi ne era soggetto, lasciando i più alla mercé di qualcosa che era addirittura peggiore del non avere alcuna possibilità. La realtà era strana, spesso se ne rendeva perfettamente conto. La scelta continua tra le cose, a suo parere, rendeva le popolazioni prive di forza, annientate da un combattimento interno che non si mostrava neanche come tale, e pur tuttavia riusciva a togliere ad ogni cittadino il vigore di affrontare in modo solerte e convinto la realtà.

Sua moglie, da quando il signor Bonelli era in pensione, spesso gli chiedeva dal di fuori della porta chiusa del suo studio, se andasse tutto bene, se sentiva il bisogno di qualcosa, ma lui rispondeva sempre che era tutto a posto. Qualche volta lei gli aveva suggerito di uscire, di andare a farsi quattro passi, tanto per prendere una boccata d’aria, ma a questa domanda lui restava ogni volta nel silenzio più profondo: non poteva rispondere perché non riusciva a prendere una decisione di quel genere, perché quella decisone necessitava di un motivo forte per essere presa, e lui non l’aveva, non aveva mai avuto un buon motivo per andarsene fuori a passeggiare. Così restava tutto il giorno da solo dietro alla finestra, accarezzato dalla tenda, e a nulla valeva cercare di sedersi per leggere un libro o un giornale: poco dopo tornava lì, ad aspettare come minimo che qualcuno lo invitasse fuori.

Infine, durante un giorno come gli altri, notò un uomo che si era soffermato ad osservare quella sua finestra. Lo guardò con espressione seria, ne studiò l’espressione, si rese conto che doveva avere più o meno la sua età. Si osservarono per lunghi minuti, quei due uomini simili, divisi soltanto tra un dentro e un fuori inconciliabile. Il signor Bonelli pensò subito che l’uomo sulla strada fosse felice di aver trovato un buon motivo per poter guardare lui che era dentro la sua casa, ma poi non trovò le ragioni per questa spiegazione. Rimase indeciso, anche in quel caso, e pur sperando con tutte le sue forze che quell’uomo lo invitasse a raggiungerlo, non fece niente per fargli capire quanto lo desiderasse, fino a che il traffico e la strada risucchiarono anche quell’unica persona che gli aveva fatto nascere quella disperata speranza. Così quell’uomo poco dopo se ne andò, lasciandolo dietro alla sua finestra, quasi senza speranza, in una solitudine terribile.

Bruno Magnolfi

La propria convinta solitudineultima modifica: 2010-05-04T21:29:10+02:00da magnonove
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