La casa in campagna

Tutto era stato già detto, sia in quella che nelle riunioni precedenti della grande società finanziaria. Inutile sforzarsi ulteriormente, pensava il sig. Ferri, non troveremo mai una strategia migliore di quella che è stata già messa a punto. Era stanco di quegli incontri, gli pareva che tutto quel mondo fosse ormai asettico, freddo, e i comportamenti sempre i medesimi, ingessati, senza alcun segno umano. Sciolta l’assemblea dei dirigenti era rientrato in ufficio, aveva controllato la posta ed osservato gli appuntamenti in agenda, poi era rimasto per un attimo fermo, in silenzio, come vuoto di tutto. In interfono aveva detto alla segretaria sto uscendo, per favore girami le telefonate al portatile, poi era entrato nell’ascensore d’acciaio ed era sceso direttamente al garage.

La sua auto aziendale si era avviata in un sibilo, il climatizzatore automatico proponeva lo stazionamento sui venti gradi, una musica soffice e appena percettibile circolava all’interno. Il sig. Ferri si era stretto al volante, un’occhiata al cruscotto, poi aveva innestato la marcia, senza assolutamente sapere dove fosse diretto. Il viali proponevano il solito caos farcito di fretta e di umanità varia, e il sig. Ferri aveva preso velocemente la strada delle colline, spegnendo il telefono per staccare da tutto e uscendo rapidamente dalla città. Erano molti anni che non passava da quella strada secondaria, e anche se fossero stati pochi, erano accadute così tante cose negli ultimi tempi che gli sembrava fosse persino di più.

Dopo una mezz’ora si fermò in uno slargo polveroso sotto a un albero pieno di rami e di fronde, c’era una casa poco distante, si vedeva un pozzo e la veranda davanti. Il luogo era bello, dietro alla casa c’erano dei campi e poi il bosco. Un cane abbaiava con poco interesse, lui arrivò alla casa e salutò un vecchio che faceva qualcosa, lì da una parte. Posso avere dell’acqua, chiese con voce garbata, e il vecchio gli fece cenno di entrare dentro alla casa.

C’era buio, per via dei mobili scuri e della piccola finestra che serviva una grande cucina, il sig. Ferri si sedette al tavolo col piano di legno e lasciò che quell’uomo appoggiasse due bicchieri sul piano. Le vuole sentire due dita di rosso prima dell’acqua?, disse con voce rauca. Va bene, sorrise il sig. Ferri, poi arrivò una ragazza, una donna a dire il vero, di circa trent’anni, non bella, ma con uno sguardo e i capelli lunghi e sciolti come una giovinetta. Salutò senza enfasi, mise a posto qualcosa, poi si volse di scatto dicendo, ma lei è quello della Provincia, per farci avere quel mutuo a fondo perduto, non è vero? Il sig. Ferri guardò il vino nella sua mano, ne bevve un sorso, lo trovò buono, poi disse certo, l’altra volta era venuto il collega.

La ragazza si sedette con un certo entusiasmo, poi disse sorridendo che se lui era lì la loro domanda doveva per forza essere stata approvata, non era forse vero?, guardandolo dritto. Beh, si, non ricordo più quanto avevate chiesto di preciso, disse lui, però… Soltanto ventimila euro, disse il vecchio, a me e a mia figlia ci servono solo per far ripartire le cose. Al sig. Ferri piaceva star lì con quella gente, improvvisamente si sentiva come in famiglia, e in casa c’era fresco, e ristagnava un piacevole odore di minestre e di carni cotte sopra la stufa; così finì il suo bicchiere di vino e poi disse, veramente ero anche venuto per rendermi meglio conto sia dei terreni che della casa, così prontamente la donna gli fece fare il giro di tutte le stanze, poi lo lasciò nelle mani di suo padre che gli fece vedere quei campi là attorno.

Alla fine della visita il sig. Ferri si mostrò soddisfatto, tutto era a posto, però disse ai due che dovevano portare pazienza, perché lui sarebbe tornato altre volte, ma giusto per visionare come andavano tutte le cose. Il vecchio e la ragazza dissero che ne sarebbero stati felici, aggiunsero che ci voleva solo un istante a richiamare i due lavoranti che guidavano il trattore e mandavano avanti le cose, di lì a poco tutto avrebbe ripreso a girare; poi rientrarono tutti nella grande cucina, e il sig. Ferri si sedette, prese un assegno dei suoi e lo compilò in tutte le parti, firmandolo senza alcuna esitazione. I due lo ringraziarono, sembrava loro quasi impossibile che la Provincia avesse facilitato e accorciato così le sue pratiche, poi strinsero la mano a quell’uomo senza neppure chiedergli il nome, ma solo per non apparire curiosi o scortesi, e quando infine andò via, per tutto quel tempo fino a quando non tornò a far loro visita, non riuscirono neppure a capire chi avrebbero veramente dovuto mai ringraziare.

Bruno Magnolfi

La casa in campagnaultima modifica: 2010-04-14T21:03:22+02:00da magnonove
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