Per sempre al suo posto

Aveva chiuso la serranda da dentro, una volta terminato l’orario di lavoro del suo piccolo negozio di giornali, in modo che nessun cliente ritardatario avesse la possibilità di venire a cercare la Gazzetta dello Sport o chissà cos’altro, e lui potesse rimanersene da solo almeno per un’ora, per conto proprio. Doveva fare un piccolo inventario, era tutta la settimana che lo rimandava, così quella sera di sabato gli era parso il momento migliore. Ci passava tanto di quel tempo tutti i giorni dentro alla sua manciata di metri quadri di negozio, che oramai conosceva perfettamente ogni centimetro, tanto da poter prendere i giornali che i clienti gli chiedevano senza neanche guardare dove le sue mani andavano a pescarli.

Erano quasi trent’anni che se ne stava dietro a quel piccolo bancone con tutte quelle riviste e i quotidiani bene in ordine, sempre a dar seguito alle solite richieste, alle chiacchiere monotone, all’orario senza fine, ad iniziare dalla mattina presto quando ancora era notte, fino ad arrivare alla serata lenta e senza movimento. Era il suo lavoro, forse nella vita avrebbe anche potuto sceglierne un altro di mestiere, ma quello lo sentiva suo, come se fosse nato proprio per star lì, dietro a quella montagna di carta, di immagini e di parole. Era bello per lui sapere tutto di quell’editoria, conoscere perfettamente quanti numeri fossero usciti di una pubblicazione o di un’altra, avere l’idea precisa delle quantità che servivano per un quotidiano o per un altro: era preciso, e gli pareva doveroso nel suo lavoro essere così.

Mentre controllava i materiali compilando le sue schede, arrivò d’improvviso il primo attacco: tutti i giornali sui muri, sopra gli scaffali, iniziarono a girare da soli nella stanza, mescolando tra loro tutte quelle copertine di mensili e di settimanali dai tanti argomenti differenti. Si appoggiò al bancone, si riprese, pensò fosse la stanchezza: forse era il caso di rimandarlo ancora quel lavoro e per quella sera tornarsene a casa, pensare ad altro, godersi quel sabato come tutti gli altri. Ma le cose, dopo pochi minuti. velocemente peggiorarono. Si sedette sull’unico sgabello che aveva per evitare di cadere, ma gli mancava l’aria. Pensò che avrebbe dovuto avvicinarsi alla serranda, aprirla almeno un po’, uno spiraglio per respirare e farsi vedere da fuori, per chiedere un aiuto a qualche passante se proprio ce ne fosse stato bisogno. Ma si sentiva stanco, improvvisamente impossibilitato a fare qualsiasi cosa.

Si appoggiò con le mani al bancone dei quotidiani e delle riviste, e poi cercò di sdraiarsi là sopra, per vedere se una posizione completamente rilassata lo potesse aiutare a riprendere le forze. Si sistemò alla meglio su un fianco, ma in quel momento capì che non sarebbe più riuscito a muoversi. Rimase così, in quella posizione, e la morte gli arrivò addosso più velocemente di quanto avrebbe mai creduto, non lasciandogli il tempo di far nulla, di tentare qualche cosa. Si trovò paralizzato e senza forze, e appena un attimo prima di quel momento, ebbe soltanto il tempo di pensare a coloro che avrebbero trovato quel suo corpo, così, sopra ai giornali, come uno strano eroe dei nostri giorni, finito lì, al suo posto, come ogni mattina, e quella volta inevitabilmente proprio per sempre.

Bruno Magnolfi

Per sempre al suo postoultima modifica: 2010-04-11T12:47:15+02:00da magnonove
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