Un figlio qualsiasi

All’orario previsto ero ripartito regolarmente con la mia corriera dalla stazione degli autobus, già con un buon numero di passeggeri seduti di dietro e quel ragazzo che avevo notato mentre saliva, forse perché era vestito un po’ strano, forse per l’espressione simpatica, probabilmente anche perché aveva con sé una valigia, una scatola di cartone abbastanza ingombrante, e anche altre cose. Generalmente portavo avanti e indietro tutti i pendolari che abitavano in provincia e andavano a lavorare in città, e di quel tragitto, compiendolo quattro volte ogni giorno con il mio pullman da quasi vent’anni, conoscevo perfettamente ogni dettaglio. Sapevo già chi scendeva alle fermate dei vari paesi, chi doveva salire, quanto traffico trovavo lungo la strada rispetto agli orari della tabella di marcia, e tante altre cose del genere. Per quel giorno quella era la mia ultima corsa; una volta arrivato avrei parcheggiato la corriera dentro alla piazza del mio paese, come sempre facevo, e me ne sarei andato a casa, a togliermi la divisa di autista e a ritrovare la mia famiglia. Avevo acceso i fari più o meno mentre uscivo dalla città, con il primo imbrunire, ma in quella stagione, già quando arrivavo a salire sulla strada in collina, intorno alla corriera era ormai notte fonda. Mi piaceva il lavoro, e mi piaceva quell’ultima corsa, quando tutti avevano voglia di tornarsene a casa: c’era sempre qualcuno che veniva davanti a dirmi qualcosa, a salutarmi, a raccontarmi delle proprie faccende, anche se era vietato, e la mia guida diventava leggera, piacevole, quasi uno svago. Dopo la prima metà del viaggio la maggior parte dei passeggeri generalmente era già scesa, e alle ultime tre o quattro fermate se ne andavano anche le rimanenti poche persone. Quel ragazzo che avevo notato all’inizio era venuto da me quando oramai avevamo davanti solo un’altra fermata, mi aveva detto di dover scendere in località San Francesco, ed io gli avevo risposto che l’avevamo passata. “Sono stato lì solo una volta, con il buio non mi sono orientato”, disse, “dovrò tornare indietro con l’autobus contrario”. “Purtroppo la mia corriera si ferma al paese”, spiegai, “non ci sono altre corse, dovrai tornare indietro con un altro sistema”. Lui rimase in silenzio, io guardai dentro allo specchio e vidi che sulla corriera eravamo rimasti solo noi due, come era normale, d’altronde. “Senti, io parcheggio la corriera, sistemo le carte di viaggio, poi ho la mia macchina, se vuoi posso darti un passaggio, non è la mia strada, ma in fondo non è troppo lontano, altrimenti non troveresti nessuno che ti porta fino là”. “Grazie”, disse il ragazzo, “sono stato uno sciocco, lei è veramente gentile”. Poteva essere mio figlio, pensai, bastava telefonare a mia moglie per non farla stare in pensiero, il resto per me era naturale. Posteggiai la corriera, telefonai a mia moglie mentre il ragazzo sistemava i bagagli nella mia macchina, e ripartimmo quasi subito. Durante le curve mi disse che era ospite di alcuni amici che avevano quella casa in affitto, io gli chiesi di dove venisse, e lui rispose dall’India. Non chiesi altro, mi indicò una delle case di pietra isolate, e io lo portai là davanti. Scese, prese la valigia, la sua scatola, tutte le cose che aveva, poi mi chiese di aspettarlo solo un momento. Quando tornò mi dette una statuetta di resina, e mi disse solo grazie, poi chiuse lo sportello e andò via. Non lo so quale sia stato il motivo, quel ragazzo non sono più riuscito a vederlo nonostante guardassi la casa ogni volta che nei giorni seguenti passavo da lì, da San Francesco, però quella statuetta è sempre rimasta nella mia casa, anche adesso che sono passati vent’anni e sono andato in pensione. Ogni tanto ci ripenso a quel ragazzo, mi tornano a mente i suoi vestiti un po’ strani, la sua espressione simpatica, i bagagli, le poche parole che avevamo scambiato: poteva essere mio figlio, penso ancora, o forse lo era davvero.

Bruno Magnolfi

Un figlio qualsiasiultima modifica: 2009-09-16T15:01:33+02:00da magnonove
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Un pensiero su “Un figlio qualsiasi

  1. “Voi che vivete sicuri nelle vostre case,
    voi che trovate, tornando a sera un cibo caldo e visi amici…Condiderate,
    Se queso è un uomo:
    Che lavora nel fango
    che non conosce pace,
    che lotta per un pezzo di pane,
    che vive lontano dai suoi affetti
    …che muore per un si o per un no…
    Stando in casa o andando per via,
    coricandovi e alzandovi ripetetelo ai vostri figli”…
    “Primo LEVI”

    Bella storia di micizia:

    Ogni cosa non è necessariamente come sembra.
    Un vero amico ama dare piuttosto che ricevere,
    tutti noi abbiamo bisogno di amici, e non importa ciò che siamo.

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