Pensieri di giugno

Questa notte ho sognato di mia madre. Del sogno non ricordo già più niente, se non la sua espressione, la sua faccia che insi­steva nel guardarmi. Poi, durante il giorno, camminando, ho ri­pensato agli occhi freddi, inespressivi, e a quel suo modo di par­lare. E ho immaginato che giungesse all’improvviso una sua tele­fonata. Avrei voglia di vederti, di averti un po’ con me, ha subito detto. Ed io, senza volerlo, ho cominciato ad agitarmi. C’è di vero che lei usa un sacco di aggettivi quando parla, e non si sa mai bene i suoi soggetti quali siano. E poi non è mai chiara, non si capisce fino in fondo ciò che vuole. All’apparecchio ho preso tempo, e mi sono subito inventato qualche cosa: di me non ho detto quasi niente anche se lei insi­steva per sapere. E ci sono molte cose che ancora devo sistemare, molte persone a cui ho promesso di parlare, e in questi giorni devo ricambiare dei favori. Praticamente ho continuato a dirle queste cose, ma tenendomi sul vago, decisamente sul generico. Mi divertivo a immaginare una telefonata di quel genere, co­si la prolungavo a dismisura, le parlavo soprattutto della mia vita sociale e di come passo le giornate, perché di questo soprat­tutto si interessa. E a un certo punto mi sono impappinato e non ho saputo più spiegarmi su non so quale faccenda, e allora si, capisci, certi impegni, alcune cose che risultano impellenti. E lei ha subito detto che non è proprio possibile che io abbia sempre dei segreti, che attorno a me ruotino sempre tante cose da sbrigare. Sei sem­pre impeguatissimo, ma non si sa mai bene in quali cose. Forse se si lascia passare qualche giorno ho un po’ di tempo, non pri­ma di due o tre settimane. No, assolutamente, prima no. Che bella idea quella di avere un appuntamento con mia ma­dre. Al solo pensiero mi rallegro. Come tra due innamorati, tro­varsi in quella piazza, quella solita, accanto al monumento. Di sicuro non vorrei apparire incerto, far vedere che qualcosa mi impaurisce. Così lo fisso io l’appuntamento, ed immagino di dir­le per telefono di avere una gran voglia di vederla. In realtà non è che mi va troppo di cedere facilmente; non vorrei dargliela vinta, mi piacerebbe che insistesse. Ma lei cambia discorso e mi parla all’improvviso di altre cose e di un parente che neppure mi ricordo; e poi dei suoi malanni, della casa malandata, e di altri fatti un po’ confusi. Se ricevessi veramente una telefonata da mia madre vorrei che non facesse le sue stupide allusioni, i suoi giri di discor­si che non approdano mai a nulla. E poi quell’incredibile maniera di tirarmi fuori tutto senza neanche chiederlo; e ancora i suoi consigli, quelli forniti dal buon senso, dalla sua maggiore età. Tutte cose che non riesco in nessun modo a sopportare. Negli ultimi tempi prima di morire sembrava solo preoccupata della mia maturità, che non fossi cresciuto a sufficienza, e continuava ad osservarmi di nascosto, a guardare le mie mani. Al telefono le ho detto che curo le mie unghie, le taglio sempre, con regolarità; non le rosicchio con i denti, stai sicura, quello è un vizio del passato. Ciò che vorrei più di ogni cosa è che non si preoccupasse così tanto, che mi desse più fiducia. Continuo a dirle in ogni modo di sentirsi più tranquilla, di stare rilassata. Non farei mai qualcosa che potrebbe dispiacerti, le ripeto spesse volte, ma le mie assicurazioni non giovano quasi mai. Non mi piace di vederla rassegnata, di sentire i suoi sospiri per telefono men­tre cerco di spiegarle qualche cosa. E poi, chissà perché, ogni volta che la sogno, il giorno dopo non ricordo quasi nulla; al mio risveglio quelle cose che ho in­travisto nella notte, tutti i fatti, i personaggi della mente, se ne fuggono veloci. A malapena mi ricordo che c’è stata, che era qui, da qualche parte, e forse mi guardava, mi diceva qualche cosa. Ad un tratto la comunicazione si è interrotta; forse un guasto sulla linea, mi è venuto di pensare. Ed io, come uno scioc­co, sono rimasto a rigirare l’apparecchio tra le mani. Dopo ho riattaccato la cornetta, ho fatto due o tre passi nella stanza e mi è venuta voglia di svagarmi, di impegnarmi in qualche cosa per trovare un po’ di calma.

Bruno Magnolfi

Pensieri di giugnoultima modifica: 2009-09-12T14:43:24+02:00da magnonove
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4 pensieri su “Pensieri di giugno

  1. I sogni sono i messaggi del nostro io profondo che tenta di comunicare con noi.
    Durante il giorno l’uso estensivo della parte razionale del cervello impedisce l’espressone della parte più profonda della persona, quella parte più intuitiva, sensitiva, che è in contato con l’anima e la dimensione spirituale.
    Così di fronte alle grandi scelte della vita, dove la razionalità e la logica mostrano tutti i loro limiti, è proprio dell’intuizione sottile che avremmo bisogno, ed è nel sogno che essa appare, e ci mostra la soluzione, ci dà la risposta, ci indica la via da percorrere.
    I sogni dunque sono un canale di comunicazione con questa parte interiore, o, meglio sono i tentativi dell’io profondo di comunicare con il nostro io coscente.
    Saperli ricordare e ancora di più interpretare correttamente per riconoscere questi messaggi significa poter disporre di un patrimonio di conoscenze e di saggezza di inestimabie valore, in grado di aiutarci a vivere la nostra vita.

  2. A me sembra Muzzi, che il protagonista della storia sogni un contatto con una parte di sè, rappresentato dalla madre, che lo vuole adulto e consapevole delle sue scelte, e che ancora gli appare distante. Egli infatti si sente ancora irrequieto e indeciso in merito alla sua vita, e mostra il desiderio di voler raggiungere un pò di stabilità, e di tranquillità emotiva, e lo fà desiderando d’incontrare la madre, egli avverte il desiderio di entrare in contatto con lei se pur tramite una telefonata, ipotizzando di incontrarla in un piazza “esattamente come si fà con una fidanzata” dice(quasi a corteggiare quel pensiero) è struggente dunque come sia forte da parte del protagonista il desiderio di trovare una sorta di rasserenazione, di pacificazione(un porto sicuriùo dove approdare di tanto in tanto ) verso quella parte di sè che sente ancora distante, e che tanto gli manca.

  3. Io andrei oltre Flavia, in reltà credo che il protagonista della stora cerchi quella parte affettiva di sè, quella parte emotiva che gli appare distante. Chiamalo pure desiderio di lasciarsi andare, desiderio di dare sfogo alla parte emotiva di sè: ma rimane comunque a mio modesto parere una richiesta d’amore, verso il più primtivo, vero, autentico e istintivo amore; quell’amore che non è mai abbastanza, quell’amore che non sazia mai, l’amore che rassicura, che ci placa che ci fà affrontare la vita a testa alta.
    il protagonista sogna d’incontrare la madre morta(e con essa i suo istinto, e la sua parte affettiva) che per quanto severa e distante( la madre viene descitta così) rappresenta il suo mondo interiore fatto di emozioni e di sentimenti.

  4. Ma per la miseria, ora non si può più nemmeno sognare in santa pace…possibile che tutto diventa sempre così complicato? Un tempo si sognava e basta.
    Questo poveretto della storia, ha solo sognato la madre morta..e non deve essere stata in vita un gran chè di mamma mi pare, ma tutto sommato il protagonista mostra affetto verso di lei, ha voglia di vederla, e d’incontrarla..che volere di più, cosa c’è d’aggiungere?..tutte le altre interpretazioni sono evanescenti..esagerate, infondo sono solo sogni. Oggi tutto, viene misurato, analizzato, pesato interpretato in poche parole, complicato : e dunque anche il sogno è
    diventata un azione “macchinosa”, ma lascateci sognare in santa pace!

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