Viaggio al contrario

Era salita sul treno e si era seduta. Subito dopo dagli altoparlanti avevano detto che la partenza era rimandata di venti minuti, soltanto per certi motivi tecnici. Poco male, lei non aveva certo fretta. Guardava dal suo finestrino le persone che continuavano ad andare da una parte a quell’altra della stazione, e li osservava tutti, come aspettandosi che qualcuno o qualcosa arrivasse e le intimasse di scendere. Non sapeva neanche bene cosa avrebbe trovato lì dove andava. La lettera, quella mezza pagina non chiara, diceva che aveva bisogno di parlare con lei, poco di più, senza spiegare i motivi, ma quella frase le era rimbalzata per giorni dentro la testa. Era tantissimo tempo che non vedeva suo padre, l’ultima volta era stata dopo il divorzio drammatico dalla sua mamma, trascinato per anni nei tribunali e finito come doveva finire, definendo quelle due persone ormai degli estranei e dividendo i beni materiali a metà o pressappoco. Però c’era lei, maggiorenne da almeno dieci anni, che comunque era sempre stata assieme alla mamma, ed adesso era una donna, ma non aveva mai sentito dentro di sé dei veri e propri sentimenti di figlia nei confronti di quel papà sempre altrove, fin da quando era piccola. Ma non voleva adesso mostrarsi una debole, lei si sentiva sicura di sé, poteva affrontarlo, parlare con lui, ascoltare senza battere ciglia tutto quello che aveva da dirle. Non ci voleva molto, un’ora di treno, poco più, ma proiettandosi oltre quell’ora non le riusciva di mettere a fuoco che cosa avrebbe detto quell’uomo. Sarebbe stato gentile, forse si, l’avrebbe portata dentro a un caffè, le avrebbe offerto qualcosa da bere, poi avrebbe parlato di mamma, degli sbagli che aveva fatto con lei, di non essersi mai soffermato a pensare, della sua vita poco ordinata, forse nevrotica, e di sfuggita si sarebbe scusato, di non esserci stato, di avere mancato tanti dei suoi doveri di padre. Ma cosa ci poteva essere di nuovo per averle chiesto di andare da lui, questo non riusciva a immaginarlo per niente. Dal finestrino del suo treno fermo, continuando a pensare, adesso vedeva soltanto delle macchie di colore senza una logica, come un quadro astratto in continuo movimento, composto da tutti quegli oggetti e quelle persone che componevano una qualsiasi stazione ferroviaria. Forse c’era qualcosa che non sapeva, che sua mamma non le aveva mai detto; oppure era suo padre che sentendosi vecchio avrebbe inventato qualcosa per attrarre sua figlia verso di sé, per ritrovare qualcosa di un rapporto che non c’era mai stato? Tutte le possibilità erano aperte, ma più continuava a rifletterci, più perdeva quella caparbietà con cui aveva pensato all’inizio: “voglio andare da lui, sentire che cosa ha da dirmi”. In fondo la sua vita aveva già trovato un buon equilibrio, non c’era bisogno adesso di stravolgere troppo le cose con racconti di chissà quali faccende, o storie che magari avrebbero lasciato degli strascichi tra i suoi pensieri, dubbi mal digeribili e interrogativi inquietanti per ciò che avrebbe ascoltato. Agli altoparlanti dissero all’improvviso che i motivi tecnici erano risolti e il suo treno era in partenza, ma lei sentì un brivido, come se il tempo fosse passato troppo di fretta, e non avesse ancora deciso. Salirono delle persone che erano rimaste sul marciapiede a fumare, poi si sentì qualche sportello che si richiudeva. Di scatto lei si alzò dal suo posto e raggiunse di corsa l’uscita, scese dal treno nel momento esatto in cui si le ruote si mossero, e una volta raggiunto il marciapiede della stazione capì che in quel modo stava facendo pagare qualcosa a suo padre di cui forse stavolta non aveva neanche colpa. Però si sentiva bene comportandosi in quella maniera, come se qualcosa dentro di sé le dicesse che quella era la cosa più giusta: guardò il treno che si allontanava e non ebbe rimpianti, poi pensò solo che se davvero suo padre aveva bisogno di parlare con lei, non ci sarebbero stati altri problemi in futuro, ma era lui che avrebbe dovuto andare da lei, non il contrario.

Bruno Magnolfi

Viaggio al contrarioultima modifica: 2009-09-10T16:32:04+02:00da magnonove
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5 pensieri su “Viaggio al contrario

  1. Sono una lettrice abituale, dei suoi racconti e mi è impossibie non sottolineare, l’importanza dei temi, trattati nei suoi racconti. Il suo saper restituire immagini di uomini e donne apparentemente qualunque, ma che in realtà ci rivelono, attraverso il suo sguardo attento, mondi interni sorpredentemente imprevedibili..esattamente imprevedibili come la vita. Lei sà prenderci per mano e traghettarci, nei mondi sospesi del disagio, mentale, sociale, sentimentale, restituendoci immagini, fotografie meravigliosamente poetiche.
    Anche “viaggio al contrario, “affronta un tema difficile come la sofferenza di una figlia abbandonata, rifiutata dal padre, e che per quanto cresciuta e diventata adulta, si trova ad affrontare il passato all’improvviso, a causa di una lettera del padre, che a distanza di molti anni, vuole rivederla….Un viaggio interiore a ritroso, che proietterà la protagonista al contrario in avanti, verso una maggiore consapevolezza di se stessa e della vita.

  2. Bè , chi di noi non si sente coinvoto in questo racconto, infondo siamo stati tutti figli, ed io come figlio purtroppo ho vissuto l’abbandono di mio padre, nei confronti della famiglia e quindi dei suoi figli..Fù devastante, per me, avevo tredici anni, e mi sentivo ancora troppo piccolo e indifeso per proteggere mia madre e mia sorella.
    Mai nessuno di noi in famiglia ha avuto la forza, di parlare del proprio dolore, della sofferenza provata. Ma per fortuna gli anni sono passati in fretta ed io ho imparato a guardare avanti, tirando sù la testa. Ma quanta solitudine, rabbia e sofferenza c’è ancora dentro di me .

  3. Dai amico infondo non è male, dico che è meglio sapere di non avere un padre, piuttosto che sapere di averlo e non avvertirne mai la presenza. Mio padre è praticamente, evanescente, insistente, come mia madre del resto. Raccontano di non avere mai tempo, ma poi in realtà anche quando c’è il tempo, loro trovano mille scuse, per non esserci. Io e mio fratello siamo cresciuti con i genitori degli amici, attraverso loro abbiamo imparato a sognare una vera famiglia e a proiettarci in un futuro prossimo’ e a rivederci, perchè no, genitori.

  4. Figlio

    Figlio chi t’insegnerà le stelle, se da questa nave non potrai vedere?
    Chi t’indicherà le luici della riva?
    Figlio quante volte non si arriva!

    Chi t’insegnerà a guardare il cielo fino a rimanere senza respiro?
    A guadare un quadro per ore fino ad avere i brividi
    Che non basta premere un bottone per un emozione?

    Figlio, figlio, disperato giglio luce di purissimo smeriglio,
    soffocato giglio, figlio della rabbia e dell’imbroglio.

    Figlio chi si è preso il tuo domani?
    Qui la notte è molto scura, non sei il primo ad aver paura.
    Figlio questo nodo ci lega al mondo
    Figlio sò che devi colpirmi a morte e colpire forte

    Figlio disperato giglio dimmi dove ti assomiglio, figlio adorato figlio.

  5. Certo che mi risulta difficile ora fare un commento, ma mi dico che a venire al mondo si lotta da soli, e che ben vengano i genitori, quando vogliono esserci, ma si cresce anche senza e si cresce in fretta !

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